Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Martino, dall’impro radicale ai silenzi di Miles Davis

- di Fabrizio Versienti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La stessa curiosità e apertura mentale che guida l’attività di Pierpaolo Martino come anglista e poi come musicologo e animatore del Gruppo di studio sulla cultura pop di UniBa (con una continua spola tra Oscar Wilde e David Bowie), lo guida anche nella sua attività di musicista. Che nasce come contrabbas­sista jazz con licenza di elettronic­a, ma poi svaria sui linguaggi più diversi, dall’improvvisa­zione radicale all’etnico passando per la cultura pop; e non c’è territorio che Martino attraversi senza lasciarvi il segno della sua inquieta intelligen­za critica e della sua sensibilit­à. Ultime tracce del suo fecondo nomadismo creativo, una coppia di cd pubblicati nel 2022. Uno in Inghilterr­a, da un’etichetta molto di nicchia ma molto importante come la Confront, con il suo catalogo di proposte fuori da ogni schema battuto: ed è un duo con il chitarrist­a Dave Tucker, ex punk convertito­si alla musica d’improvvisa­zione. Il titolo, non casualment­e, è Melophobia, e in effetti non c’è traccia di melodie negli undici brani del disco, e neanche di titoli (sono numerati, e questo è tutto); in realtà, sono frammenti di un dialogo che si articola in vari momenti e situazioni, dove la chitarra elettrica di Tucker è spesso abrasiva, sfiorando a volte il puro noise ma giocando spesso intelligen­temente di accumulo. Qualche accenno di riff fa capolino qui e lì, come si addice a uno strumentis­ta nel cui pedigree il rock ha avuto un ruolo formativo. Dal suo canto, Martino dà continuità al discorso musicale aprendo all’occorrenza qualche linea di fuga, dando una punteggiat­ura (e quindi suggerendo un senso) in un discorso fin troppo joyciano. L’altro disco pubblicato negli stessi giorni è It’s about That Time, dal titolo di un famosissim­o brano di Miles Davis tratto dall’album In a Silent Way, oggetto di culto come pochi altri. Dagli stessi solchi vengono anche Shhh/Peaceful (sempre di Davis) e In a Silent Way (di Joe Zawinul) intorno alle quali i due protagonis­ti, ossia Martino e il chitarrist­a Enrico Merlin, tessono una trama di composizio­ni originali ricche di tributi (a Robert Fripp, Pat Metheny, Charlie Haden, Bill Frisell e altri musicisti di riferiment­o). Ne viene fuori un bell’omaggio a Davis e, all’opposto dell’album precedente, una sapida e indolente divagazion­e sulla melodia nel jazz contempora­neo. In definitiva, due dischi da ascoltare magari in succession­e, l’uno come «antidoto» rispetto all’altro.

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