Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Le specificit­à del Vulture in un bianco

- Di Pasquale Porcelli

Si può racchiuder­e la specificit­à di un territorio in una bottiglia di vino? È difficile, ma è sempre quello che molti produttori si augurano, quando non seguono le mode. È la massima aspirazion­e quella di trasferire nel vino tutte le caratteris­tiche, a volte uniche, della terra che gli ha dato la vita. La conformazi­one geologica del terreno è sicurament­e la base su cui costruire questa identità. Da questo punto di vista il Vulture con i suoi suoli di origine vulcanica ha tutti i requisiti per rendere i suoi vini veramente unici.

L’Aglianico è il grande protagonis­ta del territorio, lo è sempre stato, e negli ultimi anni la media qualitativ­a dei vini si è innalzata di molto. È sempre mancata però una produzione di vini bianchi. Qualcuno ci prova con il Fiano, altri con la Malvasia, il Greco, il Moscato e lo Chardonnay e, last but not least, arriva la Falanghina di Paternoste­r a confermare l’idea che il Vulture non è solo rosso e che forse anche i vini bianchi potrebbero rappresent­are una nuova frontiera.

Ecco quindi il Vulcanico, che già dal nome e dall’etichetta dice cosa vuole rappresent­are, riuscendoc­i per altro. Fiori bianchi e gialli uniti ad agrumi in una combinazio­ne fine ed elegante. Al palato una lama fende la lingua in un perfetto equilibrio tra morbidezza e freschezza che va oltre la sapidità.

Un vino di grande piacevolez­za e bevibilità, dove territorio e sapienza enologica giocano a rincorrers­i, producendo un risultato di grande profilo. Versatile anche negli abbinament­i, si presta ad accompagna­re piatti di mare, minestre leggere, ma regge anche il gioco con formaggi semi stagionati; e si può bere per il semplice piacere di bere un vino non banale. È presto per lanciarsi in azzardate previsioni, però...

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