Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Le specificità del Vulture in un bianco
Si può racchiudere la specificità di un territorio in una bottiglia di vino? È difficile, ma è sempre quello che molti produttori si augurano, quando non seguono le mode. È la massima aspirazione quella di trasferire nel vino tutte le caratteristiche, a volte uniche, della terra che gli ha dato la vita. La conformazione geologica del terreno è sicuramente la base su cui costruire questa identità. Da questo punto di vista il Vulture con i suoi suoli di origine vulcanica ha tutti i requisiti per rendere i suoi vini veramente unici.
L’Aglianico è il grande protagonista del territorio, lo è sempre stato, e negli ultimi anni la media qualitativa dei vini si è innalzata di molto. È sempre mancata però una produzione di vini bianchi. Qualcuno ci prova con il Fiano, altri con la Malvasia, il Greco, il Moscato e lo Chardonnay e, last but not least, arriva la Falanghina di Paternoster a confermare l’idea che il Vulture non è solo rosso e che forse anche i vini bianchi potrebbero rappresentare una nuova frontiera.
Ecco quindi il Vulcanico, che già dal nome e dall’etichetta dice cosa vuole rappresentare, riuscendoci per altro. Fiori bianchi e gialli uniti ad agrumi in una combinazione fine ed elegante. Al palato una lama fende la lingua in un perfetto equilibrio tra morbidezza e freschezza che va oltre la sapidità.
Un vino di grande piacevolezza e bevibilità, dove territorio e sapienza enologica giocano a rincorrersi, producendo un risultato di grande profilo. Versatile anche negli abbinamenti, si presta ad accompagnare piatti di mare, minestre leggere, ma regge anche il gioco con formaggi semi stagionati; e si può bere per il semplice piacere di bere un vino non banale. È presto per lanciarsi in azzardate previsioni, però...