Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Una confessione da barca
Il rollare dello sloop, tre corpi distesi sulla prua ad abbronzarsi. Adriano socchiude un occhio, la lieve torsione della nuca. Un motoscafo prende il largo, lo schiumare della scia sballotta i natanti ormeggiati nella caletta.
«Cafoni», bofonchia Massimo che rosolava la schiena. Adriano si puntella sui gomiti. L’increspamento si attenua, in questo specchio d’acqua smeraldina tra i due golfi. La domenica, spesso Adriano viene ospitato a bordo da Massimo e Renata; del primo lui è stato un compagno di scuola. Si sono rivisti ad una rimpatriata commemorativa, dopo tanto. Dalla sbronza goliardica di quella sera non si sono più separati, anche se le loro vite non avrebbero punti di tangenza. All’inizio Renata studiava Adriano guardinga. Poi, con naturalezza, la coppia lo ha fagocitato nelle sue routine domenicali.
«Forse si annoiavano da soli», rimugina Adriano, «Sarà fisiologico dopo anni di matrimonio. Dev’essere inevitabile».
Una mano scarmiglia la sua testa.
«Dio mio quanto pensa, questo...».
Massimo si è levato in piedi. Il petto rotondo, villoso; quei capelli ricci, sale e pepe.
«Nana, te l’ho mai detto che lo chiamavamo il Filosofo, al liceo?».
Nana è il vezzeggiativo di Renata, che si allunga sul dorso. In risposta, un sorriso benevolo e indiscriminato spunta dalle sue labbra, rimpolpate con misura. Massimo considera i due distesi dall’alto, contro sole.
«Guardali qua: due morti», ad un invisibile uditorio. Per carattere, avrebbe voglia di farli rotolare fuori bordo, spingendoli col piede.
«Ma com’è possibile? Con un’acqua così, manco una nuotata vi attira?».
Tutta l’avversione a questa prospettiva, nel mugugno di Adriano. Renata neanche reagisce. I due maschi, all’unisono, adocchiano le sue gambe chilometriche, levigate, toniche. A dispetto dell’età, Renata può consentirsi ancora questi costumini sgambati che la slanciano ulteriormente.
«Vai tu, dai», sussurra al marito con un’esortazione roca che è anche una supplica. Un tono che Adriano trova eccitante, vergognandosene subito dopo. «Nessuno si butta, allora?». Massimo ne prende atto: l’invito è caduto nel vuoto riempito solo dal frinire delle cicale. Si stringe nelle spalle, punta verso poppa. Il bilico qualche istante, alla sommità della scaletta. Poi il tuffo di slancio, infischiandosene dello stile. La dispettosa spruzzaglia che sormonta la fiancata. Il soffio con cui dev’essere riemerso. Lo scroscio delle bracciate in via di allontanamento. Tempo un minuto e Renata risorge; ha il busto eretto, la visiera della mano sugli occhi. La comune balneazione delle spiagge sembra incredibilmente remota, molto oltre quel promontorio scosceso.
«Finalmente!», la donna sembra sollevata da un peso sullo sterno, «Lui è sempre così. La domenica pomeriggio diventa iperattivo, sembra che gli manchi l’aria se non fa qualcosa. Qualsiasi cosa».
Il sorriso indulgente, comprensivo di Adriano.
«Dobbiamo capirlo, però: il suo lunedì è parecchio più pesante del nostro. Domani opererà tutto il giorno, non è uno scherzo. Avrà a che fare con la vita o la morte di cinque, sei pazienti. Il filo operatorio è come quello delle Parche, hai presente?».
Non per altro l’avevano ribattezzato il Filosofo, a diciotto anni. Renata, in ogni caso, non lo sta molto a sentire, segue un proprio filo mentale.
«Ti ho mai raccontato di quando andai a trovare la mia professoressa di italiano e latino, al liceo?».
Un’uscita sorprendente. Renata è generalmente avara di accenni a quando era una ragazza, al contrario di Massimo che rievoca spesso quegli anni come una perduta Età dell’oro.
«Si chiamava Fernanda Vitaliano. Per lei ero stata una specie di croce e delizia, al liceo. Certi suoi dieci – i dieci della Vitaliano! - mi avevano fatto diventare una leggenda, a scuola. Lei mi considerava un talento in Italiano, ma anche troppo dispersiva. Aveva ragione, visto come sono andate le cose».
Bella, intelligente, avida di letture. Oggi moglie di un primario e madre di due ragazzi. Lo sguardo di Adriano scorre lungo il suo corpo dorato. Quanto tempo passerà in palestra, terrorizzata dalla concorrenza di predatrici più giovani, pronte a sgraffignarle il prestigioso marito?
«Io ho cominciato ad apprezzare la sua severità solo dopo, quando sono arrivata all’Università. Ci aveva fornito delle basi che mi permettevano di affrontare gli esami non dico in scioltezza, ma quasi. Al secondo anno mi ero sentita in dovere di ringraziarla, ho osato andarla a trovare. Lei viveva da sola, in una bella casa a Portici. Era divorziata, una condizione non così normale trent’anni fa, da noi. Era una donna rigida, sapevamo che viveva per la scuola e per l’unico figlio. Fernanda aveva una specie di venerazione per Alberto. Ricordo ancora quel giorno com’ero intimidita: sola per la prima volta con lei. Però morivo anche dalla voglia di aggiornarla sui miei studi».
Renata, il trasognamento che la ringiovanisce.
«Lei mi ricevette in questo suo salottino. Si fece raccontare dei miei studi, del mio incontro con Massimo che avevo appena conosciuto. Era incuriosita da questo mio fidanzato ambizioso, aspirante cardiochirurgo. Il trauma fu quando, di punto in bianco, si mise a parlare della sua vita sentimentale. Con una mocciosa di vent’anni come me, capisci?».
Adriano è stranito da questo racconto di una confessione, confessione a sua volta.
«Fernanda mi raccontò che suo marito l’aveva fatta dannare. Un dongiovanni terribile, l’aveva tradita perfino con la sua migliore amica. Puoi immaginare come mi sentivo imbarazzata: un monumento come Fernanda Vitaliano che mi parlava da donna a donna. A un certo punto mi guardò negli occhi».
La voce di Fernanda che riecheggia in quella di Renata.
«Tutti mi dicevano: non è il ragazzo per te. Ma io non volli sentire ragioni. Lo volli sposare a tutti i costi».
Ora Renata adagia la nuca sul ponte dello sloop. Esausta, come dopo una prova fisica severa. Liberata, come dopo una confidenza impegnativa. Adriano non capisce perché sia stato messo a parte di un episodio che potrebbe significare tutto o niente, niente di significativo. Gli sembra di percepire le bracciate volitive di Massimo che rientra alla base. Adriano aveva sempre giudicato i suoi ospiti come una coppia ben assortita. Ora continua a risentire quella frase ineluttabile, tremenda.
«Tutti mi dicevano: non è il ragazzo per te. Ma io non volli sentire ragioni. Lo volli sposare a tutti i costi».
Massimo ha afferrato la base della scaletta, per issarsi. Le cicale ubriacano il vuoto azzurro intorno.
I due maschi, all’unisono, adocchiano le sue gambe levigate e toniche A dispetto dell’età, può consentirsi costumi sgambati