Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
IL LINGUAGGIO DELLA VIOLENZA
Abramo ha tanti modi per uccidere Isacco. Può tagliargli la gola, come si faceva con gli agnelli. Oppure infliggergli il supplizio dell’autodistruzione, offrendogli armi, droga e libertà fuori da qualunque regola morale. Quanto accade in Puglia, soprattutto nel centro-nord (da Bitonto a Orta Nova passando per Barletta) è l’effetto della sconsideratezza del crimine adulto nei confronti dei propri figli. Ragazzi cresciuti nel mito della violenza, mito che ha riempito il vuoto di valori generato dalle famiglie, si affrontano fino a mettersi a morte o fino a obbligare un locale, un bar, un pub a chiudere i battenti. Il tratto comune tra i diversi episodi è l’uso delle armi e della violenza come linguaggio, come codice intragenerazionale. Sembra di essere dentro una nevrosi giovanile, una reazione al disinteresse degli adulti, anche quando gli adulti sono mafiosi conclamati che dovrebbero tenere al controllo del territorio. La società adulta mostra tutta la sua ferocia, limitandosi a commentare quasi indifferente quel che accade o meditando furore e vendetta, come se un assassinio non fosse un fatto grave per tutti, ma un fatto privato.
Questi giovani non rispondono alla regola dell’autocontrollo, dipendendo spesso da una miscela mortale di sostanze stupefacenti, le stesse spacciate dalle famiglie di provenienza o da quelle a cui sono contigui. Questi giovani non hanno alcuna considerazione per il senso ed il valore del sacrificio e del lavoro, che sono il fondamento della tenuta sociale e dell’economia di un territorio, come a Bitonto. Questi giovani non si confrontano con un libro, con una lettura, con l’arma potente della parola da quando la strada e la famiglia (soprattutto quando famiglia di mafia) hanno preso il sopravvento e hanno demolito il ruolo della scuola. Quanto è duro dover ammettere il fallimento dei padri e delle madri, in questo susseguirsi di episodi criminosi. Ai precedenti si devono aggiungere i tentativi di stupro dentro la movida barese, a danno di giovanissime vittime. Isacco, legato alla roccia da un vincolo di sangue, non svicola dal suo destino, ma lo precede. Si fa lusingare dal fascino del crimine e del crimine organizzato, si fa catturare da certa mitologia da fiction televisiva, si fa trascinare dentro il gorgo del finto eroismo e si sacrifica uccidendo o facendosi uccidere.
Ma Abramo cosa fa? Non dovrebbe intervenire, anche solo per garantirsi una progenie negli affari loschi? No. Preferisce continuare a giocare alla mafia dentro il club degli adulti aspettando che un angelo arrivi a destare la sua coscienza di genitore.