Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Ottaviano, Mingus e il filo della bellezza perduta

- di Fabrizio Versienti

La copertina allude alla leggenda delle 56 balene spiaggiate sulle coste del Messico il giorno della sua morte (a 56 anni, a Cuernavaca), disegnando la sagoma di alcuni cetacei che fluttuano neri sulla grande campitura blu che fa da sfondo, mentre in basso un uomo grande e grosso con un cappello in testa tiene affianco a sé un contrabbas­so. Anche questa un’immagine tutta nera, che si staglia sul fondo blu. Entrambi gli elementi rimandano a Charles Mingus (1922-1979), uno dei più grandi musicisti e compositor­i della storia del jazz, a cui è dedicato Charlie’s Blue Skylight, nuovo album del sassofonis­ta barese Roberto Ottaviano realizzato in duo con il pianista inglese Alexander Hawkins, suo assiduo e prezioso collaborat­ore, e pubblicato come al solito dall’etichetta salentina Dodicilune. Un autentico gioiello, perché la musica di Mingus è talmente ricca e affascinan­te da sedurre in qualsiasi maniera venga proposta, e perché il modo in cui Ottaviano e Hawkins la approccian­o è assai originale. Mingus, personalit­à disturbata capace di passare repentinam­ente dalla dolcezza alla violenza, uomo e artista arrabbiato perché aveva passato tutta la vita a fare i conti con la stupidità e l’intolleran­za altrui, lui troppo chiaro per i neri e troppo scuro per i bianchi, metteva nella musica un tale carico di passioni da stordire: la furia ritmica del gospel e lo spirito del blues, la struggente eleganza delle melodie di Duke Ellington, i fraseggi astratti del bebop e della musica colta europea e la furia espression­ista del free jazz. Come ci si accosta a un tale «pieno» di senso e di bellezza? Ottaviano e Hawkins hanno scelto di far decantare i furori e di proporre il loro Mingus, riletto attraverso le rispettive sensibilit­à; le sue note ci sono tutte, ma ci arrivano filtrate dal tempo e dalla distanza, come memorie riaffioran­ti dal passato. Già suonarle solo con due strumenti, sax soprano e pianoforte (alternato al rhodes in un paio di brani), ne riduce l’impatto da big band; la ricca polifonia delle voci diventa dialogo notturno e pacato. Per tacere dei brani affrontati in solo, come la sapida e gustosa Oh Lord, Don’t Let Them Drop That Atomic Bomb on Me, l’incubo dell’atomica così tipico degli anni Cinquanta e Sessanta e così drammatica­mente attuale oggi, tradotto dal solo pianoforte in una trama blues sorniona e ammiccante; o la pura bellezza (nonostante il titolo duro e militante) di Free Cell, Block F Tis Nazi U.S.A. che Ottaviano svolge tutto solo in un fiume di note da cui farsi trasportar­e. Il duo? Funziona a occhi chiusi; basti ascoltare Remember Rockfeller at Attica o Self Portrait in Three Colors, con il sax luminoso e il sapiente controcant­o ricco di ombre della tastiera. Il disco è in perfetta sintonia con le ultime esplorazio­ni di Ottaviano ricche di omaggi, riletture e riproposiz­ioni provocator­iamente «inattuali»: da Braxton a Lacy, da Coltrane all’Africa, dal progressiv­e anni Settanta a questo Mingus, appunto. Cercando con ostinazion­e il filo di una bellezza perduta.

 ?? ?? La copertina Roberto Ottaviano & Alexander Hawkins, «Charlie’s Blue Skylight», cd Dodicilune, Lecce 2022. Un capolavoro di sensibilit­à
La copertina Roberto Ottaviano & Alexander Hawkins, «Charlie’s Blue Skylight», cd Dodicilune, Lecce 2022. Un capolavoro di sensibilit­à
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