Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Una cucina slow fatta di ricordi ed esperimenti
Dopo la pausa estiva, questa settimana entriamo nell’Anima, Slow Restaurant di Andria . E l’anima in questione è quella di Antonio Roberto Festa, che oltre alla passione ha anche impiegato una notevole quantità di energie per raggiungere i suoi obiettivi, e per realizzare il classico sogno nel cassetto. Ma procediamo con ordine. Andriese di nascita, Antonio ha iniziato ad operare nel settore della ristorazione ancora adolescente, e ha affrontato una faticosa gavetta che si è protratta fino alla maggiore età. E nello stesso anno sono iniziate per lui le cosiddette «stagioni» sulla riviera romagnola: una sorta di trampolino di lancio, che dall’Adriatico lo ha direttamente proiettato sul Tamigi, dove ha iniziato a misurarsi con la tentacolare realtà londinese, e con le prestigiose cucine di alcuni chef di fama planetaria.
Un curriculum piuttosto articolato, e a tratti lusinghiero, che però non gli ha impedito di ascoltare la voce del cuore, anzi una duplice voce del cuore, così forte da indurlo a provare e a riprovare a gestire un’attività in proprio nella sua città natale. Anima Slow Restaurant è infatti il secondo locale di Antonio, purtroppo inaugurato in un momento infelice ma meritevole di un’attenta analisi per la poliedricità della proposta gastronomica, e per la valida mano dello chefpatron, evidentemente capace di muoversi con disinvoltura nell’ambito della cucina internazionale.
Non sono quindi casuali le bisque, il ceviche e la pluma di maialino iberico, sebbene il tutto, tecniche di cottura comprese, venga poi ricondotto nell’alveo rassicurante del nostro territorio. Soprattutto quando affiorano i ricordi d’infanzia, che ci regalano le polpette di pane con pecorino in guazzetto di cozze. Negli ampi ambienti un tempo appartenuti a un granaio, tra antichi archi in pietra e pareti in tufo lasciato grezzo, o nel grazioso cortiletto interno che funge da dehors, si può tuttavia optare per un’invitante offerta di crudi (a partire dal ceviche). O per altre soluzioni che riescono a garantire un equilibrio complessivo pure in presenza di diverse intensità di sapori.
Dai tagliolini con ’nduja, seppie, yuzu (agrume giapponese) e polvere di pomodoro datterino, e dal risotto con gambero rosa, bisque di crostacei e pistacchio; fino alla corposa pluma di maiale iberico con indivia caramellata e ristretto al moscato di Trani. Divertente l’amuse bouche iniziale del falso peperone, che in realtà è anguria arrostita, e ottima la focaccia di grano arso che viene servita con il pane e i taralli. Adeguata selezione enologica, e un conto che può oscillare tra i 40 e i 50 euro esclusi i vini.