Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Oggi la prima al Petruzzelli Salome di Strauss, la regia di Michieletto per un’opera geniale
«Rappresentare qui un’opera immorale? Non se ne parla proprio», si sentì rispondere dall’arcivescovo di Vienna Gustav Mahler, che avrebbe voluto tenere a battesimo nella sua città la Salome di Richard Strauss, titolo in scena al Petruzzelli di Bari stasera (sipario ore 20.30, un atto unico senza intervallo di un’ora e quaranta minuti), e in replica sino al 2 marzo, con la direzione di Hartmut Haenchen, la regia scaligera di Damiano Michieletto e Jane Archibald (Salome), Elena Gabouri (Erodiade), Andreas Conrad (Erode), Samuel Youn (Giovanni Battista) nei ruoli principali.
Quando la vide a Berlino, Mahler la definì, in una lettera indirizzata alla moglie, «un vulcano, un fuoco sotterraneo, un’opera geniale, tra le più importanti del nostro tempo». La prima si era tenuta a Dresda, il 9 dicembre 1905. E per rendere l’idea del trionfo dalla quale fu accolta, basterà citare le trentotto aperture di sipario a fine rappresentazione. Per Strauss, che aveva scelto di musicare Salomè di Oscar Wilde, fu la svolta nel teatro dopo i successi dei poemi sinfonici, cui bisogna ricondurre la scrittura di quest’opera dalla potenza sonora inaudita, ricca di ruvide dissonanze e acrobazie vocali, ma anche di passaggi distesi.
Al Petruzzelli mancava dal 2011, quando agli albori del caso «Olgettine» venne proposta con la regia «narcisistica» di Vittorio Sgarbi, con Salome trasformata in «Ruby Rubacuori» che riceve in premio la testa dello stesso Sgarbi anziché del Battista. Di ben altra fattura è lo spettacolo di Michieletto, regista vero e internazionalmente acclamato che non punta sulla sensualità di Salome, ma sull’indagine delle violenze famigliari cui è stata sottoposta, con una danza dei sette veli sanguinolenta e un finale ancora più macabro di quello previsto dal libretto.
Strauss utilizzò il tedesco facendo tradurre a Hedwig Lachmann la Salomè che Wilde aveva scritto in francese, lingua poi utilizzata dallo stesso Strauss per una versione parigina del 1907 che, vale la pena ricordare, è stata ripresa dal Festival della Valle d’Itria in occasione del centenario.