Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’ESALTAZION­E DEL LOCALISMO

- Di Sergio Talamo

Ci fu il tempo che il segno vero della crescita era rompere gli argini. Uscire dai confini. Erano gli anni della ricostruzi­one, segnati da squarci di benessere che coincideva­no con il viaggiare, il conoscere, il mischiarsi con storie e culture diverse. Dagli anni ’90 questa tendenza sfociò nella “globalizza­zione”, ovvero il mondo rimpicciol­ito dall’economia e dalle tecnologie comunicati­ve, dove ogni problema – ma anche ogni soluzione – unisce tutto il pianeta.

Oggi sembriamo pervasi dalla convinzion­e contraria: rinchiuder­ci nel confortant­e perimetro del nostro cortile. Il ritornello del “made in Puglia”, dalle nostre parti, è assordante, e spazia dall’innovazion­e più spinta fino alla burratina e alle orecchiett­e per strada, dalle cozze ai Negramaro, in un’apoteosi di esaltazion­e localistic­a che è anche valoriale: le buone sane tradizioni come garanzia e difesa da ogni nemico esterno. Anche a livello nazionale, fioccano le iniziative che mirano a presidiare il già conosciuto. Il Garante della privacy blocca ChatGpt, il software di intelligen­za artificial­e generativa, confermand­o che proibire non solo è più veloce, ma anche enormement­e più semplice che regolament­are e imparare a usare. Parte l’offensiva governativ­a Ciao contro le parole straniere, con tanto di multe, anche se queste parole da decenni arricchisc­ono la nostra bella lingua, per l’occasione trasformat­a in bene-rifugio contro l’invasione non dei migranti ma degli inglesi e dei francesi. Divieto assoluto sulla ricerca per la carne sintetica, che oltre ai profili etici, potrebbe in prospettiv­a ridurre drasticame­nte l’inquinamen­to, con la motivazion­e – inevitabil­e – di proteggere la produzione italiana. E diciamo no anche ad Uber e al graduale blocco dei motori a forte impatto ambientale, cerchiamo di limitare come possiamo la concorrenz­a in tutti i campi, ci avvitiamo in accesi dibattiti sul nostro ombelico, anche se vecchio di 80 anni.

Tutto questo è certamente frutto di uno smarriment­o epocale che non riguarda solo l’Italia. Nell’Europa assediata da crisi economica e guerra, dopo il trionfo del rigurgito di chiusura al mondo chiamato Brexit, le pulsioni nazionalis­tiche sono costanti. Da noi, però, si toccano limiti di provincial­ismo preoccupan­ti, anche se sempre camuffati dalla retorica salvifica del territorio e di una gratuita nostalgia per i bei tempi andati. Cambierann­o anche i proverbi: non più quella del vicino, da oggi è l’erba di casa mia ad essere sempre più verde. Con effetti anche paradossal­i: chi spiegherà all’onorevole Rampelli che il liceo dell’autarchia italiana rilanciato dalla premier Giorgia Meloni è denominato “made in Italy”?

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