Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La musica di Carrieri tra classica e jazz
In origine fu il Modern Jazz Quartet di John Lewis, che rese più «educato» il blues fondendo il meglio della tradizione nera con i fondamenti della classica e la contestuale messa in scena dei modi della tradizione cameristica europea. Poi arrivarono Jacques Loussier, gli Swingle Singers, Dave Brubeck e diversi altri a mostrare come i jazzisti potessero produrre swing suonando Bach e la musica del Settecento.
Da lì gli eredi di Armstrong e Parker hanno spesso continuato a nutrirsi alla fonte del vecchio continente, melodramma incluso, con le arie d’opera trasformate in standard jazz. L’Italia, patria del belcanto, detiene il primato, in questo senso. Gli esperimenti non si contano, da Enrico Rava a Paolo Fresu a Danilo Rea, per dirne solo alcuni. Ed è in questo solco che s’inserisce la recente esperienza discografica del pianista e compositore di Martina Franca, Massimo Carrieri, da sempre in equilibrio tra organizzazione formale e improvvisazione, tradizione colta e jazz, pop e musiche del mondo, antico e contemporaneo.
Nell’album In a Baroque Mood pubblicato dall’etichetta Blue Serge fondata vent’anni fa dall’ex Matia Bazar Sergio Cossu, Carrieri ha rivisitato in chiave moderna, tra swing e lirismi classicheggianti, otto composizioni di Claudio Monteverdi, Georg Friederich Händel, Johann Sebastian Bach, Henry Purcell e due autori più antichi ancora e meno noti: il fiammingo Cipriano de Rore, vissuto nella prima metà del Cinquecento, e l’organista italiano Tarquinio Merula, la cui attività risale alla prima metà del Seicento.
Carrieri mette le loro musiche sottovuoto, dentro un’atmosfera estremamente diradata, e le pone al servizio di una dimensione emotiva del presente, col risultato di produrre una sospensione temporale del passato. «Due mondi, presente e passato, apparentemente lontani che, in realtà, convergono in diversi punti, uno su tutti spiega il musicista - la prassi improvvisativa, abilità già in uso nella musica antica e che in questi spartiti trova ampio spazio di fusione con la modernità». In alcuni casi gli interventi sono essenziali rispetto all’originale, come in «Lascia ch’io pianga» dal Rinaldo di Händel o «Il lamento di Didone» dal capolavoro di Henry Purcell Dido and Aeneas. In altri il materiale di partenza serve, invece, a lanciarsi in creazioni istantanee, come accade ripensando l’irruente moto perpetuo del secondo Preludio dal volume primo del Clavicembalo ben temperato di Bach.
C’è anche un ospite, il trombettista Giovanni Falzone, chiamato a contrastare con un intervento squisitamente jazzistico il clima contemplativo della Canzonetta spirituale sopra alla nanna di Merula, canto dolcissimo col quale Maria presagisce a Gesù bambino il futuro doloroso che lo attende.