Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
SFRUTTARE LA SCIA DI QUEL PRIMATO
Da pochi giorni al Politecnico di Bari è stato riconosciuto il primo posto in Italia per produttività e per qualità scientifica. L’evento cambia giudizi e luoghi comuni nell’immagine degli studi universitari al Sud e, in particolare, in Puglia. Innanzitutto il Politecnico assume un’alta statura nella comunicazione scientifica nazionale e internazionale, e non è poco. Ma vi è anche un complessivo effetto promozionale di questo successo, che ci libera dal complesso degli “eterni” ritardi nel campo delle scienze applicate, e che stabilisce un nuovo orizzonte nel rapporto fra ricerca e produzione avanzata. Si aggiungano altri effetti sociali positivi, se pensiamo che i nostri giovani non dovranno più, necessariamente, trasferirsi al Nord per qualificarsi e per trovare lavoro, due obiettivi più che legittimi, ma ad un costo economico accessibile solo per i ricchi. Tutto più facile, allora? Troppo presto per dirlo. Per ora sappiamo di disporre di un capitale riconosciuto di ricerche e di conoscenze perfettamente competitive, che anzi può solo crescere con gli scambi fra laboratori e vari centri sperimentali. Inoltre, se certe professionalità di spicco possono essere conseguite anche “in casa”, tutto il bacino meridionale può avvantaggiarsi di una situazione che, se non chiude il grande esodo dei giovani, almeno lo riduce e lo demotiva. E c’è di più; se il Politecnico di Bari, in epoca di scarsi finanziamenti pubblici per la formazione e la ricerca, ha conseguito un ruolo da primato, vuol dire che qui i fondi di altra provenienza possono intercettare attrazione e risultati, avviando un processo benefico su uno spettro di lavoro e di innovazione che in Puglia è stato avviato da tempo, ma in un rapporto solo relativo, se non magro, fra industria innovativa e laboratori universitari.
Questa condizione ora può essere migliorata, e domani potrebbe richiamare in Puglia un cospicuo numero di studenti e di studentesse, con effetti di importante cambiamento nella crescita del lavoro in tutto il Mezzogiorno. Resta soltanto una considerazione da non tralasciare: se le scienze cosiddette esatte da noi ora galoppano, che ne è di quelle umanistiche, dal diritto alla politica e all’economia, passando per le discipline storico-filosofiche? Questi settori non hanno una ricaduta economica immediata, certo; ma perfezionano il mondo della scuola e tutte le esperienze che affinano i costumi e la comunicazione fra strati sociali diversi. Si tratta di ambiti meno interessanti per il mercato duro e puro, ma di forte incidenza sulla democrazia e sulla vita civile.