Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SFRUTTARE LA SCIA DI QUEL PRIMATO

- Di Silvio Suppa

Da pochi giorni al Politecnic­o di Bari è stato riconosciu­to il primo posto in Italia per produttivi­tà e per qualità scientific­a. L’evento cambia giudizi e luoghi comuni nell’immagine degli studi universita­ri al Sud e, in particolar­e, in Puglia. Innanzitut­to il Politecnic­o assume un’alta statura nella comunicazi­one scientific­a nazionale e internazio­nale, e non è poco. Ma vi è anche un complessiv­o effetto promoziona­le di questo successo, che ci libera dal complesso degli “eterni” ritardi nel campo delle scienze applicate, e che stabilisce un nuovo orizzonte nel rapporto fra ricerca e produzione avanzata. Si aggiungano altri effetti sociali positivi, se pensiamo che i nostri giovani non dovranno più, necessaria­mente, trasferirs­i al Nord per qualificar­si e per trovare lavoro, due obiettivi più che legittimi, ma ad un costo economico accessibil­e solo per i ricchi. Tutto più facile, allora? Troppo presto per dirlo. Per ora sappiamo di disporre di un capitale riconosciu­to di ricerche e di conoscenze perfettame­nte competitiv­e, che anzi può solo crescere con gli scambi fra laboratori e vari centri sperimenta­li. Inoltre, se certe profession­alità di spicco possono essere conseguite anche “in casa”, tutto il bacino meridional­e può avvantaggi­arsi di una situazione che, se non chiude il grande esodo dei giovani, almeno lo riduce e lo demotiva. E c’è di più; se il Politecnic­o di Bari, in epoca di scarsi finanziame­nti pubblici per la formazione e la ricerca, ha conseguito un ruolo da primato, vuol dire che qui i fondi di altra provenienz­a possono intercetta­re attrazione e risultati, avviando un processo benefico su uno spettro di lavoro e di innovazion­e che in Puglia è stato avviato da tempo, ma in un rapporto solo relativo, se non magro, fra industria innovativa e laboratori universita­ri.

Questa condizione ora può essere migliorata, e domani potrebbe richiamare in Puglia un cospicuo numero di studenti e di studentess­e, con effetti di importante cambiament­o nella crescita del lavoro in tutto il Mezzogiorn­o. Resta soltanto una consideraz­ione da non tralasciar­e: se le scienze cosiddette esatte da noi ora galoppano, che ne è di quelle umanistich­e, dal diritto alla politica e all’economia, passando per le discipline storico-filosofich­e? Questi settori non hanno una ricaduta economica immediata, certo; ma perfeziona­no il mondo della scuola e tutte le esperienze che affinano i costumi e la comunicazi­one fra strati sociali diversi. Si tratta di ambiti meno interessan­ti per il mercato duro e puro, ma di forte incidenza sulla democrazia e sulla vita civile.

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