Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Io, Michele e la mano bionica Qui l’innovazione per chi soffre»
Il ceo della startup salentina e il progetto per il 18enne modenese
Michele Bertolini, 18enne modenese, è nato senza una mano. La Bionit Labs di Soleto ha realizzato una mano artificiale adatta a lui. Innovativa perché completamente adattiva. «Adam’s Hand» è una protesi mioelettrica all’avanguardia, in grado di cambiare la vita a chi la usi. Bionit Labs è una startup medtech ispirata alla tesi di laurea del suo ceo e co-fondatore Giovanni Zappatore, fondata nel 2018 e che dà lavoro a 30 giovani dipendenti.
La storia di Michele Bertolini ha fatto scalpore in questi giorni. Il credo aziendale è «trasformare le disabilità in opportunità»: è così che nascono «Bionit Labs» ed «Adam’s Hand»?
«Esattamente. Il mondo è costruito prevalentemente per normodotati, così abbiamo pensato di costruire tecnologie inclusive, che effettivamente rendano il mondo più equo e accessibile per tutti».
Come Adamo, da cui prende il nome, «Adam’s hand» è la prima nel suo genere. Perché?
«Perché non è più il paziente a scegliere quale dito muovere, ma è la mano che si adatta alla forma e alla dimensione degli oggetti da impugnare: la mano va a capire in automatico cosa vuole fare il paziente. È molto più semplice da controllare e l’esperienza d’uso diventa molto più intuitiva, con meno carico psicologico e meno fatica muscolare rispetto ai dispositivi tradizionali».
Oltre che robusta, in quanto tutto il meccanismo è realizzato in alluminio aeronautico e acciaio, la vostra mano è anche tecnologica.
«Sì. All’interno della mano vi è un algoritmo di intelligenza artificiale, che permette al paziente di calibrarla e ottimizzare così il funzionamento della protesi. Tramite l’app che accompagna il dispositivo, inoltre, il paziente può aggiornarlo a distanza ed avere sempre l’ultima versione del firmware. Per chi vuole, poi, è anche possibile realizzare il guanto esterno in silicone dello stesso colore della pelle dell’arto residuo, per renderli simili».
Giovanni Zappatore
All’interno vi è un algoritmo per poterla calibrare
Con i vostri dispositivi «restituite» o «donate» l’arto a chi non lo aveva.
«Quando i pazienti provano per la prima volta la mano, metà del team scoppia a piangere. Ogni volta è un’emozione nuova, perché si vede davvero che i pazienti si rendono conto che, da quel momento in poi, la loro vita potrebbe cambiare in meglio».
Possibile il guanto esterno in silicone dello stesso colore della pelle