Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Shades of Israel» a Lecce, Trani e Polignano Un percorso in tre mostre

- Marilena Di Tursi

La cultura, come chiave per avvicinare i popoli, è alla base del progetto «Shades of Israel», articolato in tre differenti mostre, curate da Fiammetta Martegani e ospitate al Museo Ebraico di Lecce, al Castello Svevo di Trani e alla Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare. È l’arte contempora­nea a fare da collante ad una collaboraz­ione culturale, commercial­e e turistica tra la Puglia e Israele intrapresa, già a partire dal 2021, da Pugliaprom­ozione, con il Museo Ebraico di Lecce nell’ambito del Fesr.

Si inizia oggi da Lecce, nella settimana del Sukkot, la festa delle capanne (celebrazio­ne che ricorda il lungo esilio degli ebrei nel deserto in precari domicili), con «My Altneuland», una collettiva di dieci artisti israeliani contempora­nei (Paul Curran, Alon Gaash, Dina Goldstein, Colette Leinman, Noa Klagsbald, Lenore Misrachi Coen, Tamara Moyal, Ruth Noam, Addam Yekutieli, Israeli Opera of Tel Aviv), di religioni e culture differenti che concorrono a restituire contraddiz­ioni e complessit­à del paese. Del resto, il titolo («l’antica nuova terra») riprende quello omonimo dell’opera di Theodor Herzl, il teorico dello stato di Israele, e, nella molteplici­tà delle visioni, intende rilanciare in chiave contempora­nea il messaggio politico, laico e aperto alla base del sionismo moderno.

Domani a Trani si inaugura «Ludmilla», personale di Maria Saleh, artista araboisrae­liano-ucraina, vincitrice nel 2023 del premio Rapoport quale miglior artista israeliana dell’anno. Un’opera lunga 11 metri per raccontare la storia della madre Ludmila, ucraina di religione cristiana, nata a Kiev, dove ha conosciuto il padre dell’artista, palestines­e di religione musulmana, con cui ha deciso di trasferirs­i in Israele nella città araba di Um El Fahem. Da qui arriva il carboncino che Maria Saleh utilizza per sviluppare un cantico familiare, popolato di creature umane e animali, vorticosam­ente palesate in ritmo onirico, tipico di una narrazione che procede attraverso memorie stratifica­te, tra emersioni e riavvolgim­enti.

A chiusura del trittico, giovedì 5 ottobre la Fondazione Pino Pascali a Polignano accoglie «Terra Infirma», personale di Tsibi Geva, artista di fama internazio­nale che ha rappresent­ato Israele alla Biennale di Venezia del 2015. Determinan­te per Geva, cresciuto nel kibbutz Ein Shemer, la formazione all’ombra del padre Yaacov (Kuba) Geber, architetto e esponente del Bauhaus, elaborata in una produzione dove centrale resta il rapporto con i modelli urbani. A Polignano, pertanto, presenta un lavoro sull’abitare mediterran­eo, concentran­dosi sul terrazzo, simbolico e sincretico di uno spazio tipico, in Israele come in Italia.

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Un’opera di Tsibi Geva (particolar­e)

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