Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
TRA DEMOGRAFIA E NUOVO WELFARE
La Puglia invecchia, come e anche più del resto dell’Italia. A fine 2023 contava ben 930 mila ultra 65enni su meno di 4 milioni di abitanti, di cui 80.500 nella sola area di Bari. Nella città metropolitana, infatti, 24 residenti su cento hanno più di 65 anni; quattro su cento superano gli 85. Nella Bat, gli over 65 sono 22 su cento, mentre tre su cento sono gli over 85. Ma in tutte e due le aree, tra gli over 75, la metà è affetta da gravi limitazioni o fanno i conti con più patologie croniche. In Puglia, nel 2021, c’erano due anziani ogni under 14, mentre nel 2023 l’indice di vecchiaia solo a Bari città segnalava 221 anziani ogni 100 giovani. Numeri da far accapponare la pelle. Perché la demografia è inesorabile, e andando di questo passo tra qualche anno la Puglia sarà la Florida d’Italia, una regione per vecchi. Ciò impone cambiamenti radicali nelle politiche della sanità e del welfare.
La Regione sta già correndo ai ripari: la legge sull’invecchiamento attivo affida nuovi e più impegnativi ruoli alle aziende sanitarie nella protezione della salute degli over 65. Programmando centri polivalenti per anziani, sostegni per gli interventi di cura a domicilio, progetti di inclusione sociale, anche utilizzando le risorse del Pnrr a ciò dedicate. Ma i soldi sono comunque pochi per fronteggiare bisogni sempre più diffusi e impellenti. Un esempio, per tutti. Secondo il report Gimbe, per raggiungere gli obiettivi di assistere a casa almeno il 10% della popolazione over 65, posti da Next Generation Eu, la Regione dovrebbe aumentare gli attuali pazienti assistiti del 329%. Ma manca il personale e il numero degli infermieri è sotto la media nazionale.
Qualcosa, però, si sta cominciando a fare. La Regione ha stanziato fondi per evitare che le persone con invalidità civile superiore al 67% fossero escluse per motivi anagrafici dalle Rsa e dai centri diurni, venendo incontro alle esigenze di quanti rischiavano di perdere i meccanismi di protezione sociale. Finalmente, dopo anni di ignavia e di totale disinteresse verso il tema degli anziani, soprattutto fragili, anche il governo nazionale è sceso in campo. E nei giorni scorsi ha dato il primo via libera al provvedimento per l’autosufficienza, che non solo è uno degli obiettivi prioritari del Pnrr ma introduce un nuovo welfare più inclusivo per la quarta età. È basato su alcune linee guida, tutte ovviamente da implementare, che vanno dalla telemedicina al co-housing, dall’assistenza sociale al turismo lento, dalla formazione informatica al contrasto all’isolamento, fino all’adozione di cani e gatti e alla promozione della mobilità attraverso l’uso dei trasporti pubblici.
Molto interessante, soprattutto, l’incentivazione al co-housing, Si tratta di progetti abitativi caratterizzati da una forte integrazione sociale e basati sul supporto reciproco. Una sorta di condomini per anziani soli, dove possano aiutarsi gli uni con gli altri in molte attività quotidiane e usufruire periodicamente dell’assistenza medica. In Veneto e al Nord già ne esistono alcuni e alcuni grandi gruppi, come Generali, ne stanno costruendo altri sparsi per l’Italia.
La novità della riforma governativa è che l’indennità mensile di accompagnamento diventerà assegno di assistenza, in fase sperimentale circoscritto agli ultra ottantenni, con gravissimi bisogni assistenziali e un reddito Isee inferiore a 6 mila euro. Una platea, quindi, almeno nella prima fase molto limitata. Che vuol dire in concreto? Costoro, diversamente da oggi, riceveranno, oltre alla tradizionale quota fissa monetaria pari a 531 euro, una integrativa variabile, per l’acquisto di servizi e contratti, pari a 850 euro. In soldoni, vuol dire 1.380 euro mensili. Ma, e questo è molto importante considerarlo, tale assegno variabile sarà alternativo ai bonus già erogati in alcune regioni. Questi 850 euro potranno essere spesi non per le necessità quotidiane ma solo per pagare servizi di cura e assistenza. Per esempio, se si preferisce farsi assistere a casa e non andare in una Rsa, per retribuire un caregiver o un badante. Un primo passo, pur se con insopportabile ritardo, verso una società anche a misura di anziani.