Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il ricordo del maestro: «Era una mente libera e una persona speciale»
FSono stato sempre sui confini, diceva. Lo colpivano i miseri e gli esclusi
Amava il cielo stellato sopra di noi, ne conosceva un po’ la struttura
E quando lo guardavamo insieme mi trasmetteva un po’ della sua sensibilità
ranco mise in discussione il Moderno, le sue linee di movimento e sviluppo che parevano obbligate. A essere più netti, egli mise in discussione la modernità occidentale, la sua potenza e la sua capacità di sopraffazione, la sua capacità espansiva e anche violenta. (...) Il primo atteggiamento, più facile a rappresentarsi, lo si ritrova nello scavo nelle dottrine di alcuni grandi pensatori che avevano rappresentato un’eccezione alla civiltà della potenza, possibile proprio perché scavavano, per contrapposizione, dentro le stesse dominanti del pensiero occidentale. L’autore che emerge su tutti è Montaigne, con Pascal di rincalzo. Ho insistito su Montaigne perché mi pare che sia l’autore che immette Franco nel mondo del «relativo» che esclude la sopraffazione. Non «relativismo», però, ma atteggiamento pienamente rivelatore della posizione ormai maturata nell’autore, rispetto per l’assoluto che l’altro esprime (...).
E con questa idea l’autore si immerge nel Mediterraneo, e così nasce il pensiero meridiano, l’idea di un mare che crea connessioni di civiltà, per cui tra i mille argomenti che si rincorrono compare netto l’invito all’Europa di non farsi Europa tedesca, ma di riappropriarsi di quel mare dove è nata la sua civiltà, utilizzando questa riappropriazione come spinta a una connessione tra diverse civiltà, che nelle sue parole è il tentativo di riunire terra e mare, contro l’integralismo.
Il Mediterraneo è anche il luogo possibile dell’incontro delle fedi, e questa è l’occasione per sottolineare, gettare un po’ di luce su un afflato religioso che percorre molte pagine di Cassano, ne sono convinto. Anche qui c’è una fonte decisiva che è Agostino, che spesso l’autore cita come Santo Agostino. Un altro «autore» di Franco, lettore appassionato delle Confessioni, sensibile al dialogo che lì Agostino stabilisce con Dio, che non può essere classificato, con gli occhiali di una modernità secolarizzata, un errore, è un dialogo nella verità della fede che sconvolge il mondo e resta come una testimonianza eterna.
Di che cosa? Di un tema che Cassano non perde mai di vista, che è per me la vera ispirazione della sua ricerca. Come si salva il finito dalla povertà, dalla sopraffazione, dal dolore che invade l’umanità. Il rispetto, il riconoscimento del vivente è la chiave di lettura, la rottura difficile, carica di incertezze, il superamento delle frontiere, la crisi dell’universalismo invasivo ed egemone.
Franco è stato una persona e un intellettuale speciale, ironico e insieme impegnato nel suo guardare con passione il mondo. Impossibile trovare il suo «doppio». Era una mente libera, mai aggregata a un super-specialismo fornito di paraocchi, ma neanche a una militanza politica troppo obbligante. Lui ne era perfettamente consapevole e lo si vedeva nella sua vita, nelle cose che faceva e nel modo in cui parlava di sé. Sono stato sempre sui confini, diceva, perfino nelle manifestazioni politiche cui partecipava, ho avuto sempre una curiosità viva per le persone che incontravo nei miei percorsi verso l’università, e mi colpivano i miseri e gli esclusi. Ho amato il cielo stellato sopra di noi, ne conoscevo la struttura, per quanto possibile. E qui aggiungo anche una mia testimonianza personale: quando guardavamo insieme i cieli stellati nelle sere ostunesi, io finivo con l’imparare tante cose e lui mi trasmetteva un po’ della sua sensibilità. La vita è fatta così, finisce, e quando ciò avviene per una persona ancora giovane, nel pieno della sua vocazione e dei suoi talenti, il dolore e la malinconia ci raggiungono insieme ai rimpianti e al pensiero delle occasioni di vita che non saranno mai più vissute.