Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Una collana di libri dedicati alle donne espulse dalla storia»
Les Flâneurs accende i riflettori sulle «Innominate», liquidate solitamente con pregiudizi a dispetto dei loro meriti
«In tutti questi secoli le donne hanno sempre svolto la funzione di specchi». Scriveva Virginia Woolf. Oggi, a distanza di un altro secolo, i tempi sono maturi per dare loro nome e cognome. Ci ha pensato la casa editrice pugliese Les Flâneurs con la nuova collana «Le innominate», che raccoglie biografie di donne centrali nella storia della cultura, ma rimaste ai margini. Anzi, all’ombra di figure maschili.
«Le innominate sono le donne che non vengono citate. O che vengono citate, ma senza pronunciare il nome proprio - racconta Annachiara Biancardino, direttrice editoriale -. Quelle che sono state spersonalizzate perché private del nome e definite come “la figlia di” o “l’amante di”. Sono quelle donne che vengono ricordate sulla base di uno stereotipo e non per la loro personalità e per il loro contributo».
È passato in sordina, per esempio, l’apporto che diede agli studi sulla psicanalisi Anna Freud, figlia di Sigmund. Per ridarle un’identità è a lei che è stato dedicato il primo libro de «Le innominate», in libreria dal 1 marzo: Berggasse 19. Una donna di nome Anna Freud. Il titolo viene dall’indirizzo, a Vienna, che ospitava l’appartamento in cui Sigmund Freud visse con tutta la sua famiglia, fino al 1938, anno dell’annessione dell’Austria alla Germania nazista. L’autrice, Lucrezia Lombardo, cede la parola alla stessa Anna che si racconta in una lettera immaginaria, indirizzata a Dorothy Burlingham, la sua compagna.
«Il libro analizza il rapporto complesso e inizialmente travagliato tra Anna e suo padre che la elesse come erede – spiega Lombardo -. Poi viene approfondita la figura di Anna come psicanalista, il rapporto con Dorothy e la società del tempo. E, infine, anche il tema della guerra, perché lei visse la Prima guerra mondiale, l’epidemia di Spagnola che portò via sua sorella, la Seconda guerra mondiale e le deportazioni».
Nata a Vienna nel 1895, intellettuale amante delle trasgressioni, Anna Freud fu la caposcuola della «psicologia dell’io».
Si dedicò a tempo pieno alla psicanalisi, che dal suo contributo ricevette nuovi impulsi vitali, in particolare nella direzione della cura dei disturbi infantili.
«Anna Freud e Dorothy Burlingham hanno aperto anche i primi asili di guerra – aggiunge l’autrice -. Erano una sorta di case famiglia che ospitavano i bambini rimasti orfani. Il primo risale agli anni che seguirono la Prima guerra mondiale e fu aperto a Vienna. Le due donne, poi, non si fermarono con il nazismo, aprendone uno anche in Inghilterra e accogliendo i bambini sopravvissuti ad Auschwitz».
È pronto anche il secondo libro della collana, scritto da Federico Gregotti, per ridare nome e cognome a un’altra innominata, Eva Gonzalès, pittrice impressionista, «conosciuta per essere stata l’unica allieva e probabilmente amante di Manet. Mi piacerebbe che questi libri arrivassero alle giovani donne – conclude Annachiara Biancardino -. Perché in fase di crescita avere modelli di riferimento fa bene. Spero che queste figure siano di ispirazione e che leggendo la storia vera si scopra tutto quello che queste donne sono state».