Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
IL CLIMA ISTERICO ATTORNO A BARI
Pare che ci stiamo riuscendo, e anche prima del previsto. Lo storytelling che diventa storia, la profezia che si autoavvera. Chiamiamola come vogliamo. La sintesi è che Bari, fino a un minuto prima mirabile incontro di ospitalità, arte e buona cucina, meta ambita di manifestazioni e congressi, registi, studenti e turisti, è diventata la nuova Gomorra. Surclassa la saga dei Savastano, e il nuovo marchio si beve anche quello di Roma, che nel 2015 fu definita “Mafia Capitale” per poi essere scagionata dalla Cassazione un pugno d’anni dopo. Nel frattempo, nell’immagine mondiale era passata dal Cupolone alla Cupola.
Per tempismo, la narrazione supera i narratori. Si riaccendono le faide fra i clan, e chi ti uccidono per strada? Nientemeno che un Capriati, proprio il cognome riecheggiato nella discussa rivelazione del governatore Emiliano a sostegno di Decaro. Quando si dice il caso. Fino ad allora, in fondo, c’era stata solo una manciata di indagati per un malaffare piuttosto ordinario. Ma in poche settimane il mondo si è capovolto. La leva per buttarlo all’aria è sempre la stessa, e si chiama mafia. Qualsiasi reato, non appena si arricchisce di questa etichetta doc, rende possibile commissariare non tanto il singolo Comune quanto la politica e la democrazia. Nessuno saprà mai spiegare in modo esaustivo cosa sia “mafia” rispetto ad altre comuni forme di delinquenza associata. Ciò che conta è creare il via libera per le scorciatoie da percorrere sull’onda di espressioni come “fare chiarezza”, “ripulire”, “ripristinare la legalità”. Del resto, nel trentennio giustizialista da cui veniamo si è mai capito in cosa differisca la corruzione ambientale dalla corruzione diffusa? E il voto di scambio dal voto per un qualsiasi interesse? Figuriamoci se lo scambio odora di mafia. Due concetti indimostrabili si uniscono per creare una certezza. A Bari bisogna “fare chiarezza”.
È un’eredità del clima isterico in cui sembra ormai immersa tutta la nostra vita pubblica. L’estensione arbitraria delle fattispecie penali accompagna l’illusione del mondo perfetto, dove non si procede per gradi ma si aboliscono per miracolo ora la povertà, ora l’immigrazione clandestina, ora la corruzione. Di conseguenza, non si perseguono più i reati ma ciò che essi possono simbolicamente rappresentare.
Tecnologie, porto, Politecnico, città vecchiagioiello, movida giovanile. Niente da fare. Al G7 di giugno dovremo spiegare ai big player del mondo che ci tocca ancora fare la guardia alle pescherie. E se al sindaco faranno vedere un’altra foto compromettente, potrà sempre dire: “Non mi assomigghia pe’ niente!”.