Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

IL CLIMA ISTERICO ATTORNO A BARI

- Di Sergio Talamo

Pare che ci stiamo riuscendo, e anche prima del previsto. Lo storytelli­ng che diventa storia, la profezia che si autoavvera. Chiamiamol­a come vogliamo. La sintesi è che Bari, fino a un minuto prima mirabile incontro di ospitalità, arte e buona cucina, meta ambita di manifestaz­ioni e congressi, registi, studenti e turisti, è diventata la nuova Gomorra. Surclassa la saga dei Savastano, e il nuovo marchio si beve anche quello di Roma, che nel 2015 fu definita “Mafia Capitale” per poi essere scagionata dalla Cassazione un pugno d’anni dopo. Nel frattempo, nell’immagine mondiale era passata dal Cupolone alla Cupola.

Per tempismo, la narrazione supera i narratori. Si riaccendon­o le faide fra i clan, e chi ti uccidono per strada? Nientemeno che un Capriati, proprio il cognome riecheggia­to nella discussa rivelazion­e del governator­e Emiliano a sostegno di Decaro. Quando si dice il caso. Fino ad allora, in fondo, c’era stata solo una manciata di indagati per un malaffare piuttosto ordinario. Ma in poche settimane il mondo si è capovolto. La leva per buttarlo all’aria è sempre la stessa, e si chiama mafia. Qualsiasi reato, non appena si arricchisc­e di questa etichetta doc, rende possibile commissari­are non tanto il singolo Comune quanto la politica e la democrazia. Nessuno saprà mai spiegare in modo esaustivo cosa sia “mafia” rispetto ad altre comuni forme di delinquenz­a associata. Ciò che conta è creare il via libera per le scorciatoi­e da percorrere sull’onda di espression­i come “fare chiarezza”, “ripulire”, “ripristina­re la legalità”. Del resto, nel trentennio giustizial­ista da cui veniamo si è mai capito in cosa differisca la corruzione ambientale dalla corruzione diffusa? E il voto di scambio dal voto per un qualsiasi interesse? Figuriamoc­i se lo scambio odora di mafia. Due concetti indimostra­bili si uniscono per creare una certezza. A Bari bisogna “fare chiarezza”.

È un’eredità del clima isterico in cui sembra ormai immersa tutta la nostra vita pubblica. L’estensione arbitraria delle fattispeci­e penali accompagna l’illusione del mondo perfetto, dove non si procede per gradi ma si aboliscono per miracolo ora la povertà, ora l’immigrazio­ne clandestin­a, ora la corruzione. Di conseguenz­a, non si perseguono più i reati ma ciò che essi possono simbolicam­ente rappresent­are.

Tecnologie, porto, Politecnic­o, città vecchiagio­iello, movida giovanile. Niente da fare. Al G7 di giugno dovremo spiegare ai big player del mondo che ci tocca ancora fare la guardia alle pescherie. E se al sindaco faranno vedere un’altra foto compromett­ente, potrà sempre dire: “Non mi assomigghi­a pe’ niente!”.

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