Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Gli incontri «eccentrici» di Raffaele Gorgoni in terra d’Otranto
C’è sempre un confine, una linea che separa un luogo da un altro, una vita da un’altra, un tempo da un altro. I confini sono necessari, servono a definire, a distinguere, ma soprattutto a consentire il travalicamento, lo sconfinamento, la necessaria contaminazione, e a regalare a chi sa riconoscerla la meraviglia delle differenze. La gente del Sud di confini se ne intende parecchio. Non a caso a scrivere oggi un nuovo Repertorio degli eccentrici dell’Estremo Sud- Est, per Musicaos editore, è Raffaele Gorgoni, giornalista e scrittore dallo sguardo acutissimo e colto, che offre ai lettori un reportage che ha il ritmo incalzante di una raccolta di racconti, di autentiche delizie narrative, direi, frutto della osservazione della sua città, dei suoi luoghi amati, e precisamente di quanto alberga sotto il confine che congiunge Otranto a Gallipoli, in un’area che potremmo collocare a sud di Maglie. Collocare è un verbo ideale per Gorgoni, così come lo è ricordare e desiderare, in questa raccolta di tipi umani, o meglio di amorose «Carte d’Identità». Qui la passione per i viaggi dell’autore si mescola a quella per l’arte e la letteratura, dando vita a 24 diverse storie di vita. Un catalogo d’incontri composto da esperienze, citazioni, scoperte e conflitti. Sì, il conflitto è costantemente presente nella narrazione di Gorgoni. Ciascuno dei tipi umani descritti dall’autore, infatti, è colto nel momento del confronto con il presente ed è per questo inevitabile latore del conflitto tra ciò che si era, o si sarebbe voluti essere, e ciò che si è, tra un contesto sociale, politico, culturale e tutti gli altri possibili in cui collocarsi. È proprio quel conflitto a generare l’eccentricità che è al centro del focus narrativo. La fuoriuscita dal canone, cioè, la rottura del confine. Questa eccentricità è di una bellezza abbacinante, ultimo lampo di luce di una stella che cade. Per citare una della tante «Carte d’Identità» che il volume raccoglie, penso al personaggio di Donna Luisa e al suo violino ritrovato. Salentina di origine, trasferitasi nel 1931 a New York al seguito del marito, violinista con il grave difetto di essere ebreo. Dopo il terribile attacco subito dal maestro Arturo Toscanini a opera di una squadraccia fascista per essersi rifiutato di aprire un concerto con l’esecuzione di Giovinezza, il marito di Donna Luisa aveva scelto di tirarsi fuori dalle ostilità fuggendo negli Stati Uniti. Ostilità che la donna descrive con elegante ribrezzo. Fulgido esempio di nostalgia e orgoglio, Luisa è donna che va e torna. Vera e propria mappa vivente del fuggire, del riconoscersi, del ritornare, del perdersi. Donna capace di rispondere al richiamo della bellezza ovunque si trovi, diventando di quella bellezza memoria storica. Il suo viaggio coincide con quello solo apparentemente fortuito del violino appartenuto al marito ormai defunto. Uno dei tanti oggetti luminosi - orologi, scarpe, quadri, barche, libri presenti nella raccolta, della cui matericità, della cui fascinosa caducità, Gorgoni si fa cantore appassionato e, nello stesso tempo, severo.