Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Un conflitto di famiglia sotto gli occhi di tutti
Ècapitato di essere invitati da amici e finire coinvolti, con un certo imbarazzo, in una discussione famigliare. Stessa situazione vivrà il pubblico che nell’auditorium Vallisa di Bari assisterà da domani (sipario ore 21) al 25 aprile alla messa in scena di Lungo viaggio verso la notte, il testo teatrale più famoso del premio Nobel per la letteratura Eugene Gladstone O’Neill (1888-1953). Dopo il debutto postumo nel 1956, l’opera scritta tra il 1939 e il 1941 e oggetto di diverse trasposizioni cinematografiche, a partire dal film del 1962 diretto da Sidney Lumet - ha un taglio autobiografico. O’Neill ripercorre, infatti, la propria vicenda famigliare attraverso il conflitto che, dal mattino a notte fonda di una stessa giornata del 1912, vede coinvolti i componenti di casa Tyrone, ma nella loro residenza estiva del Connecticut: James, attore di teatro avarissimo, la moglie morfinomane Mary e i due figli, entrambi semialcolizzati: Jamie, il maggiore, attore anche lui, ed Edmund, scrittore in erba affetto da tubercolosi.
«L’idea era di creare un rapporto intimo tra attori e spettatori con una vicinanza che obbligherà il pubblico a una verosimiglianza totale», spiega Giuseppe Marini, regista dell’allestimento, una nuova produzione della Compagnia Diaghilev in scena per la rassegna «Teatro Studio» con Carla Guido, Francesco Lamacchia, Paolo Panaro e Andrea Simonetti, i costumi di Michele Giannini, le luci di Gianni Colapinto e le musiche originali di Paolo Coletta. «Gli attori agiranno non solo sul palco - precisa Marini - ma anche al di sotto. Ho, infatti, impaginato lo spettacolo in tutto lo spazio dell’auditorium con un obiettivo preciso: creare un’atmosfera perturbante, per niente consolatoria, senza lasciare spazio a deviazioni ironiche, con il pubblico posto in una condizione critica e di forte imbarazzo. Un esperimento nuovo, per me che amo il teatro all’italiana, quello fatto dentro la scatola scenica».
Il testo di O’Neill non avrebbe dovuto essere rappresentato prima che fossero trascorsi venticinque anni dalla morte dell’autore. Ma la terza moglie, Carlotta Monterey, diede l’autorizzazione per l’allestimento a tre anni dalla scomparsa del drammaturgo. «Il testo porta dentro di sé alcune istanze religiose, ed è anche per questo motivo che ho voluto utilizzare l’intero spazio della Vallisa, una chiesa sconsacrata rivelatasi perfetta per un uso eretico dello spazio scenico». Info 333.126. 0425.