Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Il mio disco con la banda da suonare nelle piazze»
Esce oggi , «Il silenzio fa boom», nuovo album di Renzo Rubino
Il disco «campanilista» di Renzo Rubino. Il silenzio fa boom esce oggi per Ddp Dischi del Porto/ Ada Music Italy in vinile e in due versioni, sette anni dopo il precedente lavoro Il gelato dopo il mare. Registrato in Puglia – al teatro Verdi di Martina Franca, « poi l’ho smontato e trasformato in una sala di registrazione» – suonato da pugliesi e con illustri collaborazioni made in Martina come Mario Desiati, autore della prefazione, Donato Carrisi, ideatore del video del singolo Patchouli (resta) e il pittore naif Vincenzo Milazzo, cui si deve l’artwork, «sorta di Sgt. Pepper in cui ci sono tutte le persone che hanno lavorato al disco, compresi mia nonna che canta nei cori e don Martino che ha benedetto la banda a inizio registrazioni». E gli unici non pugliesi, Taketo Gohara, che ha curato produzione e arrangiamenti, «ormai più pugliese di me, si è nutrito di bombette e panzerotti in quei giorni», e Mauro Ottolini, che firma gli arrangiamenti e dirige la Sbanda, il gruppo di musicisti non professionisti che accompagna Rubino in questa esperienza e nei concerti.
«Persone comuni, autentiche, che fanno questo per stare insieme – spiega – questo è un disco gioioso, felice, che trova dimensione principalmente nel live, è bello vederli prestati alla musica pop, i bandisti hanno altri repertori. Abbiamo suonato molto la scorsa estate, dal vivo rendiamo tanto, sentivo il bisogno di tornare con autenticità: mi aspetto che il calore che mi trasmettono e che generiamo possa venir fuori».
Battesimo live oggi a Roma, domenica alle 18 alla Feltrinelli di Bari un assaggio: «Faccio un appello per l’estate – dice il cantautore –, questo disco deve essere suonato in tutte le sagre e le feste patronali pugliesi. Ovunque. Poi, d’inverno saremo in contesti più pettinati. Adesso dobbiamo stare per strada». Dieci brani per l’invito alla personale festa patronale di Rubino, «ho una passione per la festa di paese – racconta - fatico a spiegare il concetto di festa patronale ai non pugliesi. La banda in lontananza, la musica tamarra delle giostre, gli sparatutto, gli sguardi, il corteggiamento, delusioni d’amore, corse, cadute, tornavi devastato, avendo vissuto tutti i picchi della vita. Ho provato a riportare quella festa emotiva nel disco».
Si parte da San Donaci, «il silenzio di quella notte batteva forte nelle mie orecchie. Ed ho immaginato la festa, le luci co(Patchouli), lorate», passa per Mal d chep e La Madonna della ninna nanna, l’inno contro gli stereotipi Bisogna festeggiare e l’ode all’amore profondo Indaco, «regalo di nozze per una coppia di amici», tocca il momento più poetico (La patrona delle cose piccole), quello malinconico per chiudere su Porto Rubino: «questo pezzo lo
nd scrissi a Milano, durante il Covid, immaginavo un festival dedicato al mare. Questa doveva essere la sigla. Ora è un delirio organizzare il festival (a maggio saprete tutto) e seguire l’uscita del disco contemporaneamente».
Il festival lo ha salvato, gli ha ridato energia. «Mi ha permesso di fregarmene un po’ della discografia – ammette – poi le canzoni sono venute fuori, mi sono rimesso al pianoforte per sfogarmi, la vita ti dà degli scossoni, ho perso mio nonno che mi ha cresciuto. Ho capito che la musica è la cosa che so fare meglio in assoluto e che doveva tornare nella mia vita».