Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Croce e Gentile, cronaca di una rottura
Èda pochi giorni nelle librerie l’ultimo volume, il quinto, del carteggio Croce-Gentile. Si conclude così un lavoro avviato circa dieci anni fa dall’Istituto Italiano di Studi Storici, il cosiddetto Istituto Croce, di Napoli e dalla Fondazione Gentile di Roma, realizzato con grande rigore e competenza da Cecilia Castellani e Cinzia Cassani e pubblicato dall’editore Aragno. Un lavoro che mette a disposizione di tutti una nuova edizione del carteggio tra Benedetto Croce e Giovanni Gentile necessaria ed attesa.
Nuova edizione perché le lettere dei due filosofi non erano certo inedite. Troppo significative per la cultura europea le due personalità intellettuali e di tale profilo e rilevanza storicoculturale il dialogo che si sviluppò tra loro per far sì che le missive, dopo la loro scomparsa, restassero negli archivi. Infatti erano già state pubblicate, a partire dal 1972, in due distinti epistolari, quelle di Croce in un massiccio volume curato da Al
da Croce, e quelle di Gentile in cinque volumi curati da Simona Giannantoni. Lavori degni di nota, certo, ma che risentivano dei limiti derivanti dal fatto che le lettere non erano state riunite ed intrecciate fra di loro e che quindi molte di esse, mancanti di data o con data cancellata ed illeggibile, risultavano mal collocate nella sequenza, alterando i significati del dialogo in corso. Oltre che, scopriamo oggi, erano incomplete, prive di testi e da integrare in parti par
zialmente tagliate.
Soffrivano, insomma, delle conseguenze di ciò che il volume ora in libreria, che copre gli anni 1915-1924, documenta con dovizia di particolari: non il dissenso teorico-filosofico (quello, con radici antiche, era già stato reso pubblico da Croce nel 1913 e non impedì loro di continuare a discutere e collaborare fino agli inizi degli anni Venti), ma la distanza politica, che giunse a maturazione con la rottura della loro amicizia nell’ottobre del 1924. Rottura così rappresentativa di un momento storico del Paese che quando si produsse (pubblicamente dall’aprile/ maggio 1925, con i due manifesti di cui furono autori e promotori) finì per assumere un significato che andava oltre il fatto contingente. Da quel momento, infatti, e per tutto il Ventennio i due rappresentarono le due parti in cui il Paese fu diviso, e Croce, come ha scritto Bobbio, assunse il ruolo di coscienza morale e politico-culturale della parte antifascista, la migliore, del Paese. Divisione comunque nefasta e drammatica. La lettera di Croce con cui si chiude il carteggio, del 24 ottobre 1924, è infatti segnata dalla profonda consapevolezza della tragicità del momento. Colpiscono profondamente le considerazioni sulla logica della situazione, che deve svolgersi «attraverso gli individui e malgrado gl’individui». Non erano più possibili mediazioni, la frattura era ormai insanabile.