Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Michele Ruol, un talento nel catalogo TerraRossa
L’inventario di una indicibile mancanza. Intesa come ossessiva presenza. Originale, potente e di grande portata narrativa è un romanzo destinato a far parlare a lungo di sé, Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia, appena dato alle stampe da Terrarossa, dello scrittore Michele Ruol. Non è un semplice romanzo che narra il dolore di chi rimane guardando in faccia la morte; Madre e Padre, protagonisti senza nome della storia di Ruol, si attaccano, quotidianamente, alla loro esistenza, senza evitare ciò che manca e quei componenti che l’hanno resa monca.
Sono loro che «accordano i respiri», ripassando sulle tracce del passato doloroso che si rinnova di volta in volta. Cercano di compiere un viaggio per segnare un capoverso. Si tratta di tempi e di spazi inevitabili, abitati dal vuoto di Maggiore e Minore, i figli, scomparsi tragicamente in un incidente stradale. Ruol imprigiona i suoi protagonisti negli spazi della casa, lascia traccia di loro su ciascuno degli oggetti, contaminati da memorie. I giorni di Madre e Padre diventano arsura, consumazione, strazio, rimozione. Ma quello che continuamente traspare dalle pagine del romanzo è quel nonostante tutto. La speranza di farcela, il desiderio di sopravvivenza, consapevoli che il dolore non smetterà mai di accompagnarli.
Si tratta di un percorso di consapevolezza e accettazione, in cui il «non si vive per amore» è associato al «non si muore di dolore». Ma non è soltanto la storia in sé che colpisce profondamente: in modo massiccio, la lava incandescente del romanzo è rappresentata dalla struttura narrativa e dalla scrittura, che sembrano colare lentamente, per solidificarsi e sedimentarsi nella testa e nel cuore del lettore che si fa depositario di una cenere che è spessa, nera come pece, ma ha anche la consistenza del biancore che purifica, risana. Cura. Perché la scrittura di Ruol è curativa, c’è un niente che si fa assoluto e cura: «I giorni più difficili erano le domeniche. Per quanto Padre si portasse del lavoro da finire, arrivava sempre il momento in cui si trovavano insieme, Madre e Padre, senza niente da fare».
Ed è su questa apparente sospensione che il romanzo si costruisce in tutta la sua bellezza narrativa fatta di tempi in stop motion, in cui la costrizione a esserci diventa invito a proseguire, andare oltre. C’è una continua esperienza spirituale del dolore, senza un dio che consoli. Se fosse un film, è inevitabile che il romanzo di Ruol sarebbe Sliding Doors ma anche Se mi lasci ti cancello. Una canzone? Daydreaming dei Radiohead, perché il cammino a ritroso dei protagonisti, fra i sopravvissuti e nella memoria, altro non è che un percorso di presa d’atto di un presente atroce. Ma è ciò che, come i capitoli finali del romanzo, apre a una rinascita. Zattere alla deriva con naufraghi che si rimettono per mare. A costo di bruciare ancora.