IL DIALOGO NEI SOCIAL NETWORK E IL «PECCATO» DELLA TECNOLOGIA
Uso Facebook, anche se sono terribilmente inesperto. Mi muovo goffamente e a ogni clic temo di aver commesso un errore. Sabato sono incappato in uno scritto di Giovanni Benussi che indirizzava a Alessandro Urzì il seguente messaggio: «Riprendiamoci il centrodestra». Mi ha colpito la «signorilità» della conversazione scaturita fra due donne che, nutrendo opinioni diametralmente opposte su tutto, si sono dilettate a scriversi offese di vario tipo sul piano intellettuale, su quello politico, su quello animalista, su quello di genere e su quello sessuale, peggio di quanto avrebbero fatto due beceri trogloditi, degni di uscire dal bellissimo film «Brutti, sporchi e cattivi» di Ettore Scola. Ha partecipato alla conversazione anche un signore italiano che abita negli Stati Uniti, al quale invio i miei complimenti per la pacatezza con cui ha saputo inserirsi nella dotta ed elegante conversazione, anche per i concetti che ha espresso. Concludo con la certezza che avrei fatto meglio a non scrivere queste righe, ma è stato più forte di me.
pare proprio che certi strumenti riescano a tirare fuori il peggio delle persone. Al riguardo, il collega Toni Visentini mi ha fatto notare come spesso scatti il meccanismo portato alla ribalta dalla televisione spazzatura: «Spararla sempre più grossa, in maniera sempre più volgare e aggressiva, per attirare l’attenzione, generando così imitatori. Si pensa cioè di colmare il vuoto delle idee (e purtroppo anche dell’anima) urlando e insultando». Parole sagge che condivido, anche se ovviamente i social hanno pure un lato positivo immune da simili derive, poiché molti li usano solo per tenersi in contatto civilmente con altre persone. Come sempre, il peccato non è mai nella tecnologia bensì nell’uso che ne facciamo.