«Artisti e collezioni private» Otto autori in scena alla Civica
«Il motivo più profondo del collezionista può essere forse così circoscritto: egli intraprende una lotta contro la dispersione. Il grande collezionista originariamente è colpito dalla confusione, dalla frammentarietà in cui versano le cose di questo mondo (...) Il collezionista riunisce ciò che è affine: in tal modo può riuscirgli di dare ammaestramenti sulle cose in virtù o della loro affinità o della loro successione nel tempo».
La riflessione di Walter Benjamin ci sembra introdurre con efficacia a Il sosia. Artisti e collezioni private, la mostra curata da Federico Mazzonelli che sarà inaugurata venerdì 29 alle 18 (visitabile fino all’11 ottobre) alla Galleria civica di Trento, una delle tre sedi del Mart di Rovereto. Un’iniziativa attraverso cui, come ci spiega Mazzonelli, «la Civica prosegue il rapporto con le collezioni affrontato lo scorso anno da Chiamata a raccolta» . «Abbiamo scelto otto collezioni e otto artisti tra i più apprezzati nel panorama nazionale, tra cui due trentini, Luca Coser e Giacomo Raffaelli — specifica — Non volevo che a guidare la mostra fosse solo il mio pensiero così, in certo senso, mi sono messo a lato, invitando gli artisti a confrontarsi con le collezioni. Un processo lungo di collaborazione, scambio e crescita tra pubblico e privato, un’operazione corale che ha coinvolto artisti, collezionisti, istituzione».
Dal patrimonio del museo, gli artisti hanno scelto alcune opere, le più affini alla loro sensibilità e poetica, per offrirci la loro visione sul «sosia». Ma in che termini Luca Coser, Michael Fliri, Eva Marisaldi, Marzia Migliora, Adrian Paci, Giacomo Raffaelli, Alice Ronchi, Luca Vitone sono stati chiamati a riflettere attorno a uno tra i temi più indagati da discipline quali storia dell’arte, filosofia e psicanalisi?
«Non si tratta certo di una mostra tematica sulla figura del sosia — riprende il curatore — Il doppio rappresenta un po’ la progettualità che anima l’esposizione, il lavorare su una sorta di riflesso, come se gli artisti rileggessero il loro lavoro attraverso uno scambio continuo tra le opere. Se l’arte diventa uno specchio, un doppio del mondo che conosciamo, l’artista traduce tale immagine attraverso un riflesso, alla ricerca di una possibile verità. Ciò ha molto a che fare con il teatro e con il concetto di straniamento di Brecht».
In tale prospettiva, ciascun artista «ha sviluppato un lavoro in sintonia con una familiare estraneità, non solo rispetto alle