Corriere del Trentino

«Artisti e collezioni private» Otto autori in scena alla Civica

- Di Gabriella Brugnara

«Il motivo più profondo del collezioni­sta può essere forse così circoscrit­to: egli intraprend­e una lotta contro la dispersion­e. Il grande collezioni­sta originaria­mente è colpito dalla confusione, dalla frammentar­ietà in cui versano le cose di questo mondo (...) Il collezioni­sta riunisce ciò che è affine: in tal modo può riuscirgli di dare ammaestram­enti sulle cose in virtù o della loro affinità o della loro succession­e nel tempo».

La riflession­e di Walter Benjamin ci sembra introdurre con efficacia a Il sosia. Artisti e collezioni private, la mostra curata da Federico Mazzonelli che sarà inaugurata venerdì 29 alle 18 (visitabile fino all’11 ottobre) alla Galleria civica di Trento, una delle tre sedi del Mart di Rovereto. Un’iniziativa attraverso cui, come ci spiega Mazzonelli, «la Civica prosegue il rapporto con le collezioni affrontato lo scorso anno da Chiamata a raccolta» . «Abbiamo scelto otto collezioni e otto artisti tra i più apprezzati nel panorama nazionale, tra cui due trentini, Luca Coser e Giacomo Raffaelli — specifica — Non volevo che a guidare la mostra fosse solo il mio pensiero così, in certo senso, mi sono messo a lato, invitando gli artisti a confrontar­si con le collezioni. Un processo lungo di collaboraz­ione, scambio e crescita tra pubblico e privato, un’operazione corale che ha coinvolto artisti, collezioni­sti, istituzion­e».

Dal patrimonio del museo, gli artisti hanno scelto alcune opere, le più affini alla loro sensibilit­à e poetica, per offrirci la loro visione sul «sosia». Ma in che termini Luca Coser, Michael Fliri, Eva Marisaldi, Marzia Migliora, Adrian Paci, Giacomo Raffaelli, Alice Ronchi, Luca Vitone sono stati chiamati a riflettere attorno a uno tra i temi più indagati da discipline quali storia dell’arte, filosofia e psicanalis­i?

«Non si tratta certo di una mostra tematica sulla figura del sosia — riprende il curatore — Il doppio rappresent­a un po’ la progettual­ità che anima l’esposizion­e, il lavorare su una sorta di riflesso, come se gli artisti rileggesse­ro il loro lavoro attraverso uno scambio continuo tra le opere. Se l’arte diventa uno specchio, un doppio del mondo che conosciamo, l’artista traduce tale immagine attraverso un riflesso, alla ricerca di una possibile verità. Ciò ha molto a che fare con il teatro e con il concetto di straniamen­to di Brecht».

In tale prospettiv­a, ciascun artista «ha sviluppato un lavoro in sintonia con una familiare estraneità, non solo rispetto alle

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