Troppi squilibri Piketty spinge il salario minimo
L’autore del best seller sul capitale: «Tassare diversamente il reddito e lotta ai paradisi fiscali»
«Renzi e Hollande perdono troppo tempo in chiacchiere. L’Europa non può più aspettare, ha bisogno di interventi strutturali». Thomas Piketty, professore di Economia alla Paris School of Economics e autore del «Capitale nel XXI secolo» non usa mezzi termini. «Gli Stati sono ridotti allo stremo».
fuori luogo: «La Germania pare soffrire di una strana forma di amnesia storica che in parte ha contagiato anche il mio Paese. È ironico che siano proprio questi due Stati che non hanno mai ripagato il loro debito nel XX secolo, ad assegnare i compiti a casa a Italia e Grecia».
Ecco, dunque, tutto il paradosso di un’impasse che da troppi anni strozza alcune economie del vecchio continente, generando disuguaglianze «che — sottolinea Piketty — non sono un male di per sé, lo diventano solo se non giustificate». E allora, cosa fare per creare, e non solo immaginare, una società più giusta? «Innanzitutto è bene partire da una consapevolezza: se pure il governo italiano vendesse tutto il patrimonio pubblico, come scuole e ospedali, non riuscirebbe comunque a rimborsare il proprio debito. Anzi, sarebbe gravissimo se l’Italia mettesse in atto un comportamento simile».
Bene, invece, pensare a misure dirette a limitare lo squilibrio tra gli stipendi, introducendo il salario minimo. «Certo, non sarebbe la panacea, ma è comunque un buon punto da cui partire. L’idea che Obama abbia proposto misure che guardano in questa direzione, mi sembra ragionevole» chiarisce, per poi puntualizzare: «Per far decollare la crescita e promuovere il progresso sociale, dovremmo alleviare la pressione fiscale e dunque pensare a una diversa tassazione del reddito da lavoro rispetto al reddito da capitale. Eppure, le agende dei nostri governi si stanno muovendo in senso opposto».
E non sarebbe questa l’unica misura a mancare all’appello in un ipotetico «buon governo» dell’Europa. Secondo Piketty, infatti, «dovremmo ripartire da una lotta senza quartiere ai paradisi fiscali, perché è inconcepibile che possano esistere realtà come il Lussemburgo o la Svizzera e che nessuno faccia nulla per introdurre in materia di trasparenza bancaria sanzioni degne di questo nome».
Dopotutto, fa sapere l’economista, la maggior parte delle questioni sul tavolo rientrerebbe sotto il grande cappello dell’ipocrisia: l’Europa con la sua eccessiva austerità, la finta lotta alla corruzione, gli istituti di credito sempre troppo liberi. Finanche l’istruzione, mai abbastanza pubblica e mai abbastanza performante. «Predichiamo a gran voce che i nostri giovani devono poter accedere alle migliori opportunità e poi, un programma come l’Erasmus viene finanziato dall’Europa con due miliardi di euro l’anno, mentre per pagare gli interessi sul debito pubblico, la stessa Ue mette sul piatto una cifra nettamente superiore: ben 200 miliardi. E allora, su cosa stiamo davvero investendo?» si chiede Piketty. Ecco, dunque, il nuovo volto di un capitale che, crescendo più rapidamente dell’economia reale, porterà in dote un’unica grande evidenza: «i ricchi diventeranno sempre più ricchi e i loro figli saranno gli unici ad arrivare ai vertici della società del domani».