Corriere del Trentino

Dietro agli startupper una sfida per l’Italia

L’esperienza dei venture capitalist: pronti per investimen­ti a rischio

- di Dario Di Vico

TRENTO Parlare di startup significa oggi riferirsi a uno dei modi più meritocrat­ici ed economicam­ente produttivi di creare mobilità sociale. Ne hanno convenuto i relatori della conferenza tenutasi al dipartimen­to di Sociologia, dal titolo «Italia: incubatore di qualità della vita. Startup e venture capital come leve del nuovo sviluppo». Le startup sono sempre più spesso alla radice del progresso economico. È importante salvaguard­are il loro sviluppo indipenden­te, spiega Innocenzo Cipolletta, presidente dell’ateneo di Trento, perché «le idee innovative provengono quasi sempre da imprese al di fuori del circuito delle grandi aziende». «La velocità è il tratto saliente dell’economia contempora­nea e questo tipo di impresa è quello che si adatta meglio» ha aggiunto Dario Di Vico, firma del Corriere della Sera e moderatore dell’incontro. La testimonia­nza di tre startupper, Luca Benatti, ad di EryDel, Paola Marzario, ad di Brandon Ferrari, e Ugo Parodi Giusino, ad di Mosaicoon, ha però posto in risalto la debolezza struttural­e del sistema italiano su innovazion­e e impresa. «Arrivo da Palermo» ha raccontato Parodi Giusino «e ho potuto trovare i soldi necessari ad avviare la mia impresa solo ricorrendo a investitor­i internazio­nali. In Italia non trovavo finanziato­ri interessat­i. Oggi i video pubblicita­ri prodotti e distribuit­i dalla mia impresa raggiungon­o 900 milioni di persone nel mondo». Le startup innovative fuggono dal Paese perché le grandi imprese non ne acquistano i servizi e la Borsa italiana «assorbe solo un terzo delle nuove imprese» ha dichiarato Massimilia­no Magrini di United Ventures.

Ma di quali soldi hanno bisogno le imprese innovative? Non di quelli delle banche, spiega Andrea Di Camillo, imprendito­re e investitor­e, «che dovrebbero piuttosto supportare le famiglie e le imprese che già esistono. Per gli investimen­ti a rischio fallimento ci siamo noi, i venture capitalist». Un investimen­to di venture capital segue il nascere e crescere di un’impresa mediamente per 10 anni. Non ci sono garanzie di successo, ma «l’innovazion­e ha bisogno di tempo».

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A confronto I relatori

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