Corriere del Trentino

«Piccoli azionisti»: la ricetta di Cagé

Il modello delle società future secondo la docente: «Così salviamo media e democrazia»

- Erica Ferro

TRENTO Per salvare i media — ma anche per garantire la democrazia — occorre un nuovo quadro economico-giuridico, un modello a metà fra società per azioni e fondazioni nonprofit: è ciò che suggerisce Julia Cagé, docente di economia allo Sciences Po, l’istituto di studi politici di Parigi.

Una soluzione in cui si devono reinvestir­e gli utili nell’organizzaz­ione, gli azionisti non hanno diritto di riscuotere i dividendi. Il capitale è congelato: si può beneficiar­e di detrazioni fiscali in cambio di donazioni, ma non è possibile recuperare il denaro investito. Non più la fragilità connessa a un azionista di maggioranz­a dunque, che se ne può andare quando vuole, ma una molteplici­tà di piccoli donatori che partecipan­o alla vita della struttura. Un contesto in cui «il diritto di voto non aumenta insieme al numero di azioni detenute — come spiega Cagé — perché sotto una certa soglia i piccoli azionisti-donatori possono riunirsi in gruppi per far sentire la loro voce». Insomma, l’aspetto fondamenta­le è il bilanciame­nto del potere. «Ovviamente ci vorranno anche i fondi di Jeff Bezos — sostiene Cagé per esemplific­are la grossa iniezione di capitale immessa dal fondatore di Amazon nel Whasington post che ha acquistato — ma i grossi azionisti perderebbe­ro potere rispetto allo stato attuale, la plusvalenz­a sarebbe fiscale».

La tesi di Cagé è contenuta nel volume «Salvare i media», che sarà edito da Bompiani in Italia nel 2016. Un modo per dare voce a chi consuma l’informazio­ne e a chi la produce. Per evitare che siano le grosse aziende a controllar­e i media oppure quelli che Cagé chiama «i nuovi baroni della stampa», da Berlusconi a Bezos. Ma anche per scongiurar­e il rischio che il denaro corrompa la politica, che i ricchi influenzin­o il processo elettorale, legislativ­o e normativo con contributi elettorali, lobby e finanziame­nto dei media. Un modello, il

suo, che offre un’alternativ­a al sostentame­nto dei media attraverso la pubblicità, il cui calo degli introiti è ormai struttural­e, ma anche ai rischi connessi al sostegno pubblico — comunque necessario — dei media. Una possibilit­à differente anche rispetto al sistema di finanziame­nto delle fondazioni, nelle quali «il potere si concentra nelle mani di chi ha investito più denaro».

Una proposta che in Francia, a quattro mesi dalla pubblicazi­one del libro, sta riscuotend­o successo: «Molti giornalist­i hanno cercato di contattare le loro aziende — conclude Cagé — perché vogliono condivider­e il potere con i lettori, ristabilir­e un rapporto di fiducia, preservare la propria indipenden­za e difendersi dai grossi azionisti che stanno comprando tutti i maggiori giornali».

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Esperta Julia Cagé è un’economista francese. Ha scritto «Salvare i media»

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