Pd, Zeni contrattacca Nel mirino i garanti «Regole differenti»
Zeni: motivazioni da rigettare. Manica: Barbacovi chiarisca che il congresso si farà entro l’anno
«Le motivazioni dei garanti vanno rigettate». Il consigliere provinciale Luca Zeni (Pd) contrattacca dopo la proclamazione da parte del comitato dei garanti di Sergio Barbacovi, segretario del Pd. Manica: congresso entro l’anno.
ha accolto il reclamo urgente presentato da Cristina Casagrande e Luigi Olivieri dopo che Barbacovi, con 37 voti, non aveva raggiunto i 43 (pari ai due terzi dei componenti dell’assemblea) necessari all’elezione.
Secondo i garanti la maggioranza qualificata dei due terzi (che secondo i garanti in Trentino dovrebbe comunque riferirsi solo ai presenti e non ai componenti) è in contrasto con lo statuto nazionale: per eleggere Barbacovi sarebbe stata sufficiente la maggioranza assoluta dell’assemblea. Secondo i garanti, inoltre, «lo statuto del Pd trentino non avrebbe potuto discostarsi da quanto disposto dallo Statuto nazionale, in quanto la norma nazionale non risulta derogabile dagli statuti regionali».
Diffidenze reciproche
Il motivo fondamentale per cui Barbacovi non ha raggiunto il quorum nell’assemblea della scorsa settimana è il timore di una parte dell’assemblea che il suo mandato valga per tutta la legislatura (non esistono infatti limitazioni nello statuto locale né nazionale) in contrasto con quanto deliberato dall’assemblea stessa lo scorso febbraio, quando l’assise invitò Giulia Robol a fare un passo indietro e a convocare il congresso entro la fine dell’anno. Zeni, ma anche il capogruppo Alessio Manica e Bruno Dorigatti, sono convinti che la situazione possa essere ricomposta con un semplice chiarimento dello stesso Barbacovi, alla prossima assemblea. Per Zeni, però, la questione è più articolata.
La critica
«Quando un partito abbandona la via della politica per quella dei cavilli è davvero alla frutta — scrive il consigliere provinciale — ma è una via legittima e non si può contestare a priori. Le conseguenze però, in questo caso, rischiano di essere decisamente negative».
«Il ricorso — spiega — è stato accolto basandosi sul contrasto tra lo Statuto nazionale e quello del Pd trentino. Riconoscere che le regole che ci siamo dati devono sottostare a quelle nazionali significa rinnegare quella posizione per la quale tanto duramente ci battemmo all’epoca. Il motivo per cui le nostre regole sono in molti punti diversi da quelle nazionali non fu l’incompetenza dei membri dell’assemblea dell’epoca, ma il fatto che si volle consapevolmente prevedere regole diverse in nome di un principio di autonomia».
Fin qui la ragione politica; poi c’è quella pratica. L’articolo posto a fondamento della decisione dei garanti, precisa Zeni, «prevede una lunga serie di disposizioni, molte delle quali in contrasto con le regole congressuali che ci siamo dati e che vorremmo darci». Tra l’altro, «si prevede una convenzione regionale, con una scrematura dei candidati segretari da parte degli iscritti (i primi tre, con almeno il 5 per cento degli iscritti)».
Paradossalmente, il Pd trentino sarebbe costretto a rinunciare proprio l’obiettivo di cui parla da mesi: regole nuove per arrivare a un ballottaggio tra due candidati al massimo. Tre, l’ultima volta, hanno prodotto ingovernabilità.
Le opzioni
Come uscirne? Zeni chiede che «si voti nuovamente, in maniera larga e senza ambiguità, Sergio Barbacovi segretario, e si rigettino le motivazioni con cui è stato accolto il ricorso «da garanti che evidentemente ignoravano il percorso svolto e il contesto politico, basandosi solo su una mera lettura dei due statuti. O, in subordine, si accetti l’interpretazione che i due terzi previsti dallo statuto siano da interpretare come “dei presenti” e non “degli aventi diritto”, ma si disconosca l’applicazione automatica dello statuto nazionale. Alla fine Barbacovi sarebbe comunque segretario, ma all’interno di un quadro dove il Pd del Trentino, con un sussulto di orgoglio, indica la strada e rivendica la sua autonomia. Sarebbe un bel segno se Barbacovi stesso lo chiedesse, mostrando consapevolezza del ruolo che andà a ricoprire».
Per Alessio Manica, capogruppo in consiglio provinciale, e anche per Bruno Dorigatti, si potrebbe superare l’impasse con un chiarimento di Barbacovi sulla sua intenzione di convocare il congresso entro l’anno.