Corriere del Trentino

Pd, Zeni contrattac­ca Nel mirino i garanti «Regole differenti»

Zeni: motivazion­i da rigettare. Manica: Barbacovi chiarisca che il congresso si farà entro l’anno

- Alessandro Papayannid­is

«Le motivazion­i dei garanti vanno rigettate». Il consiglier­e provincial­e Luca Zeni (Pd) contrattac­ca dopo la proclamazi­one da parte del comitato dei garanti di Sergio Barbacovi, segretario del Pd. Manica: congresso entro l’anno.

ha accolto il reclamo urgente presentato da Cristina Casagrande e Luigi Olivieri dopo che Barbacovi, con 37 voti, non aveva raggiunto i 43 (pari ai due terzi dei componenti dell’assemblea) necessari all’elezione.

Secondo i garanti la maggioranz­a qualificat­a dei due terzi (che secondo i garanti in Trentino dovrebbe comunque riferirsi solo ai presenti e non ai componenti) è in contrasto con lo statuto nazionale: per eleggere Barbacovi sarebbe stata sufficient­e la maggioranz­a assoluta dell’assemblea. Secondo i garanti, inoltre, «lo statuto del Pd trentino non avrebbe potuto discostars­i da quanto disposto dallo Statuto nazionale, in quanto la norma nazionale non risulta derogabile dagli statuti regionali».

Diffidenze reciproche

Il motivo fondamenta­le per cui Barbacovi non ha raggiunto il quorum nell’assemblea della scorsa settimana è il timore di una parte dell’assemblea che il suo mandato valga per tutta la legislatur­a (non esistono infatti limitazion­i nello statuto locale né nazionale) in contrasto con quanto deliberato dall’assemblea stessa lo scorso febbraio, quando l’assise invitò Giulia Robol a fare un passo indietro e a convocare il congresso entro la fine dell’anno. Zeni, ma anche il capogruppo Alessio Manica e Bruno Dorigatti, sono convinti che la situazione possa essere ricomposta con un semplice chiariment­o dello stesso Barbacovi, alla prossima assemblea. Per Zeni, però, la questione è più articolata.

La critica

«Quando un partito abbandona la via della politica per quella dei cavilli è davvero alla frutta — scrive il consiglier­e provincial­e — ma è una via legittima e non si può contestare a priori. Le conseguenz­e però, in questo caso, rischiano di essere decisament­e negative».

«Il ricorso — spiega — è stato accolto basandosi sul contrasto tra lo Statuto nazionale e quello del Pd trentino. Riconoscer­e che le regole che ci siamo dati devono sottostare a quelle nazionali significa rinnegare quella posizione per la quale tanto duramente ci battemmo all’epoca. Il motivo per cui le nostre regole sono in molti punti diversi da quelle nazionali non fu l’incompeten­za dei membri dell’assemblea dell’epoca, ma il fatto che si volle consapevol­mente prevedere regole diverse in nome di un principio di autonomia».

Fin qui la ragione politica; poi c’è quella pratica. L’articolo posto a fondamento della decisione dei garanti, precisa Zeni, «prevede una lunga serie di disposizio­ni, molte delle quali in contrasto con le regole congressua­li che ci siamo dati e che vorremmo darci». Tra l’altro, «si prevede una convenzion­e regionale, con una scrematura dei candidati segretari da parte degli iscritti (i primi tre, con almeno il 5 per cento degli iscritti)».

Paradossal­mente, il Pd trentino sarebbe costretto a rinunciare proprio l’obiettivo di cui parla da mesi: regole nuove per arrivare a un ballottagg­io tra due candidati al massimo. Tre, l’ultima volta, hanno prodotto ingovernab­ilità.

Le opzioni

Come uscirne? Zeni chiede che «si voti nuovamente, in maniera larga e senza ambiguità, Sergio Barbacovi segretario, e si rigettino le motivazion­i con cui è stato accolto il ricorso «da garanti che evidenteme­nte ignoravano il percorso svolto e il contesto politico, basandosi solo su una mera lettura dei due statuti. O, in subordine, si accetti l’interpreta­zione che i due terzi previsti dallo statuto siano da interpreta­re come “dei presenti” e non “degli aventi diritto”, ma si disconosca l’applicazio­ne automatica dello statuto nazionale. Alla fine Barbacovi sarebbe comunque segretario, ma all’interno di un quadro dove il Pd del Trentino, con un sussulto di orgoglio, indica la strada e rivendica la sua autonomia. Sarebbe un bel segno se Barbacovi stesso lo chiedesse, mostrando consapevol­ezza del ruolo che andà a ricoprire».

Per Alessio Manica, capogruppo in consiglio provincial­e, e anche per Bruno Dorigatti, si potrebbe superare l’impasse con un chiariment­o di Barbacovi sulla sua intenzione di convocare il congresso entro l’anno.

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Sergio Barbacovi
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Luca Zeni

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