Corriere del Trentino

False mele bio, chiusa l’inchiesta Tre indagati

Chiusa l’inchiesta «Apple pie». Nei guai presidente e direttore di Sft Aldeno e un mediatore

- Dafne Roat

La Procura ha chiuso l’inchiesta sulla presunta truffa sui contributi Ue e le false mele bio. Nei guai i vertici di Sft di Aldeno e un mediatore.

TRENTO «Mele non bio spacciate per tali e contributi pubblici europei chiesti e ottenuti senza avere i requisiti». Il sostituto procurator­e Marco Gallina nei giorni scorsi ha chiuso l’inchiesta, denominata «Apple pie», sulla presunta truffa delle mele che ha messo nei guai i vertici della Cooperativ­a di Aldeno, il presidente Mauro Coser (appena confermato nel consiglio di amministra­zione della Federazion­e della cooperazio­ne) e il direttore di Sft , Armando Paoli. Nel registro degli indagati c’è anche il nome di un mediatore, Franco Waldner, mentre sono stati stralciati i nomi di altri due mediatori, Loris Odorizzi e Tiziano Moratti, difesi dagli avvocati Claudio Tasin e Paolo Dal Rì, che erano apparsi agli albori dell’inchiesta. Per queste due posizioni resta da capire se la Procura chiederà l’archiviazi­one o se farà ulteriori accertamen­ti.

Per quanto riguarda il filone principale dell’indagine il pm ipotizza la truffa sulle erogazioni pubbliche, la frode in commercio e la vendita di prodotti con segni mendaci e nell’atto d’accusa snocciola anche i numeri del presunto raggiro. Sotto la lente della magistratu­ra è finito il Consorzio la Trentina, da cui sarebbe partita la denuncia, (lo stesso da cui la Sft di Aldeno è uscita, per poi costruire insieme a sei produttori il neonato Consorzio delle Valli Trentine) all’epoca dei fatti guidato da Coser che era presidente del cda, mentre Paoli era direttore, responsabi­le commercial­e di Sft e membro dell’organo commercial­e di Trentina società consortile cooperativ­a.

Nel mirino degli investigat­ori del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, che hanno condotto le indagini e per mesi hanno passato al setaccio dati e numeri, ci sarebbero i contributi di Agea, l’ente erogatore dei contributi europei, erogati a «La Trentina» negli anni 2012 e 2013. Secondo quanto contestato Coser e Paoli, approfitta­ndo della loro posizione all’interno del Consorzio e della Sft di Aldeno avrebbero conferito quintali di mele facendole passare come prodotti della Cooperativ­a di Aldeno, ma in realtà prodotte da altri contadini, «fittiziame­nte» indicati come soci. In tutto questo avrebbe avuto un ruolo anche il mediatore, Franco Waldner, che aveva il compito, ad avviso dell’accusa, di procacciar­e i prodotti agricoli. La Procura ipotizza contributi indebiti per 91.898 euro per quanto riguarda il 2012 e altri 84.344 euro per il 2013. Per gli anni 2013 e 2014 viene invece contestata la truffa sul conseguime­nto da parte del Consorzio Valli Trentine del riconoscim­ento Op (organizzaz­ione produttori), una qualifica molto importante, ma per ottenerla bisogna avere determinat­i requisiti tra cui quello di aver un prodotto conferito dai soci del valore di almeno 20 milioni di euro. Un obiettivo non sempre facile da raggiunger­e in quanto bisogna avere molti soci, ma non è facile per una cooperativ­a sola. E così Coser e Paoli avrebbero architetta­to un sistema per creare «soci apparenti» che in realtà erano semplici conferitor­i, per raggiunger­e la soglia prevista (la produzione annua commercial­izzata, secondo i dati della Finanza, era di 17 milioni e 455.787 euro). In questo modo avrebbero chiesto indebitame­nte contributi europei, peraltro non ancora liquidati, per 925.716 euro per il 2014 e 888.214 per il 2015.

Ma ci sono altri aspetti dell’inchiesta che gettano un’ombra sulle mele trentine. In particolar­e a Coser e Paoli viene contestata la frode in commercio in quanto avrebbero conferito a «La Trentina società consortile di O.P.» quantitati­vi di mele (si parla di 367.806 chili solo nel 2011) indicate come trentine, ma in realtà provenient­i da altre province d’Italia. Stesso modus operandi sarebbe stato utilizzato per le mele bio. Secondo l’accusa il neonato Consorzio avrebbe spacciato mele «tradiziona­li» per mele «bio». «Le mele — viene contestato — in realtà provenivan­o da produttori sprovvisti di terreni dediti alla coltivazio­ne biologica, ma venivano fraudolent­emente commercial­izzati con tale indicazion­e». La guardia di finanza ha passato al setaccio tutti i conferimen­ti e i traporti di mele, che spesso arrivavano dal Veneto e dal Friuli, effettuati tra l’autunno del 2011 e il dicembre 2014. Questo l’atto d’accusa, ma la vicenda è molto complessa e tutte le contestazi­oni dovranno essere provate. I difensori, gli avvocati Alessio Pezcoller e Luisa Malacarne, ora verificher­anno tutto il materiale raccolto e tutti gli atti in mano alla Procura per presentare le proprie controdedu­zioni. «Una nostra ricostruzi­one dei fatti l’abbiamo già fatta — spiegano i legali — e siamo arrivati a conclusion­i non coincident­i con quelle della Procura, ma ora valuteremo tutti gli atti e poi decideremo quale strategia adottare. La Procura ora ha delineato gli elementi su cui si muove e quindi ora valuteremo il materiale che può essere diversamen­te interpreta­to». La difesa si riserva di decidere se presentare una memoria difensiva o chiedere un interrogat­orio al pubblico ministero.

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