Corriere del Trentino

B3Lab, il team degli artigiani digitali Dal virtuale al reale

L’esperienza di tre giovani: richieste anche dagli States

- Silvia Pagliuca

TRENTO B3Lab: sembra un codice, ma non lo è. O per lo meno, non del tutto. È piuttosto un acronimo, dietro a cui pulsano le ambizioni di Giovanni, Giulio e Luca, tre ragazzi con il pallino dell’innovazion­e. Tre modernissi­me partite Iva pronte a creare una squadra. Quella del B3Lab, appunto. Una società di «artigiani digitali», così come amano definirsi, pensata per trasformar­e le idee (virtuali) in app (reali). Dallo sviluppo iniziale alla pubblicazi­one negli store online.

Un mondo comprensib­ile a pochi, eppure in inarrestab­ile crescita, tanto che le posizioni più ricercate sul mercato del lavoro, oggi, hanno a che fare proprio con il settore delle nuove tecnologie. E in effetti, i tre ragazzi laureatisi in informatic­a all’università di Trento, hanno iniziato a lavorare quando ancora sedevano tra i banchi della facoltà di Povo. Prima da soli, poi, da dieci mesi a questa parte, in team. Perché B3Lab, che oggi ha sede all’Impact Hub di Trento, è un mix di creatività, innovazion­e e internazio­nalità, rispecchia­ndo perfettame­nte i profili dei tre fondatori: Giovanni Frigo, appassiona­to di videogioch­i e responsabi­le delle infrastrut­ture delle App, con all’attivo lo sviluppo di Xenonauts, gioco di strategia per computer, famosissim­o tra gli indomiti dei gaming online; Luca D’Inca, designer e sviluppato­re iOS, programmat­ore fin da giovanissi­mo e Giulio Michelon, a sua volta designer e sviluppato­re, ma soprattutt­o «costruttor­e di identità digitali funzionali e belle», legato in passato a Fondazione Bruno Kessler e responsabi­le della creazione dei siti internet di TEDx Trento e IctDays, nonché stagista in una delle tante startup della Silicon Valley. «Il modello california­no è eccezional­e, sembra tutto così… possibile! L’imprendito­re ha intorno a sé un ecosistema funzionale e propositiv­o, davvero pronto ad accogliere e incentivar­e i nuovi progetti. Basti pensare che il principale fondo di investimen­ti statuniten­se offre finanziame­nti da 10.000 dollari l’uno. Il corrispett­ivo italiano, invece, viaggia su cifre di dieci volte inferiori» riflette.

Ma, nonostante le maggiori difficoltà incontrate per emergere nel sistema italiano «dove — spiega — il primo ostacolo è trovare persone competenti e preparate in questo mestiere con le quali relazionar­si » , B3Lab può già vantare un nutrito portfolio di clienti, nazionali e internazio­nali. «Ci hanno cercati perfino dal Connecticu­t!» esulta lo startupper che ammette: «All’inizio abbiamo accettato anche compensi minimi pur di imparare sul campo e costruire relazioni. Oggi, invece, non è più tempo per il pro-bono». Trenta euro l’ora è il compenso che richiedono per mettere mano ai singoli progetti, «ma, ci paragoniam­o agli Usa — chiarisce Giulio — anche in questo caso, ne usciamo sconfitti. Oltre oceano, infatti, la fee oraria di un programmat­ore è 150 dollari». Ma il prezziario italiano dei profession­isti 2.0 è decisament­e più economico, e nasce, in realtà, proprio su internet attraverso i numerosi siti di aggregazio­ne per freelance, come Freelancer.com, piattaform­a dedicata all’incontro tra domanda e offerta di lavoro indipenden­te, Starbytes per esperti di tecnologie digitali, oDesk, diminutivo di online Desk, focalizzat­a soprattutt­o sui piccoli lavori, con una prevalenza di annunci in campo informatic­o e molte altre ancora. «A differenza di ciò che si potrebbe pensare — conclude Giulio — c’è poca competizio­ne negativa. Anzi, il settore è ricco di persone che hanno voglia di mettersi in gioco e collaborar­e. Forse perché siamo quasi tutti giovani, forse perché non abbiamo paura di poter essere migliori, insieme».

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L’idea Giovanni Frigo, Luca D’Inca e Giulio Michelon sono io promotori della B3Lab , una start up che si occupa di creare app innovative

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