Woodman & Jürgenssen Quel dialogo parallelo
Merano: orgoglio e solitudine dagli scatti delle due artiste
La doppia personale di Francesca Woodman & Birgit Jürgenssen, allestita negli spazi di Merano Arte fino al 20 settembre, vede attraverso l’accostamento inedito delle due artiste un dialogo tra una delle grandi icone della fotografia contemporanea, l’italoamericana Woodman, e l’artista e fotografa austriaca Jürgenssen. Senza mai incontrarsi, le due artiste interpretarono ricerche parallele e per alcuni versi simili, ponendo al centro dell’indagine il corpo femminile rappresentato in contesti surreali di rara poesia per la Woodman e di ironica contestazione per la Jürgenssen.
Nell’accostare le due artiste c’è il coraggio di un progetto curatoriale di notevole valore culturale che affonda le radici nella passione e nel pensiero di Gabriele Schor, curatrice della mostra e direttrice della Collezione Verbund di Vienna, da cui provengono le opere. Prosegue con questa mostra, infatti, il proficuo rapporto istituzionale tra Merano arte e la collezione viennese frutto del mecenatismo industriale del principale operatore elettrico austriaco. Schor ha costruito una straordinaria raccolta di opere specializzata sull’avanguardia femminista degli anni ‘70, con oltre 500 opere e artiste internazionali.
In un allestimento che di fatto si compone di due mostre a sé stanti (le opere non vengono mai poste in reale dialogo, così come non lo furono le artiste), il confronto Woodman – Jürgenssen è tutto ideale, evocato. Se il corpo-soggetto è strumento di indagine, il corpo-oggetto è dispositivo di rappresentazione in due narrazioni che fungono da base per il pensiero femminista. Eppure, e qui l’audacia del progetto di mostra, i due percorsi finiscono per rappresentare parallelamente una ricerca sul femminile e una sul femminismo. Per quando riguarda le fotografie di Francesca Woodman, di cui il pensiero femminista si è appropriato e nutrito riflettendosi in maniera quasi indiscutibile, la posizione politica non è mai manifesta. Al contrario è evidente e sarcastica la militanza di Birgit Jürgenssen. Come postulato dalle filosofe del pensiero femminista, è corretto parlare di “femminismi” utilizzando il plurale per includere le diverse interpretazioni dei vari movimenti, storici e contemporanei. Raramente come in questa mostra questa pluralità è palese. Confrontando le fotografie, tanto le similitudini quanto le distanze appaiono interessanti sottotesti da approfondire. In entrambi i casi: autoscatti in bianco e nero, realizzati in studio, nei quali il corpo è protagonista. Eppure, nelle suggestioni sospese nel lirismo della Woodman c’è la solitudine, la confusione tra piani prospettici, le metafore letterarie nelle quali la figura è, come la stessa artista scrisse, «nascosta da sé stessa, assorbita dall’atmosfera». In opposizione, negli scatti della Jürgenssen c’è l’orgoglio, la militanza, ci sono corpi mitologici e metamorfosi corporee che riflettono sugli stereotipi di genere, sui pregiudizi, sui ruoli, giocando sui fraintendimenti.