«Bambini malati in Guatemala Aiuti fantasma»
Nel mirino l’associazione «Ora Veglia». L’accusa: soldi dirottati su un conto personale
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Procura ha chiesto il giudizio di due soci e una collaboratrice dell’associazione «Ora Veglia» per truffa. Nel mirino oltre 63.000 di contributi elargiti dalla Provincia. La difesa: chiariremo tutto.
TRENTO Sulla carta sembrava tutto in regola, ma nella realtà i progetti di solidarietà internazionale e di aiuto ai bambini malati di cancro in Guatemala, non sarebbero mai stati realizzati. I soldi pubblici, elargiti dalla Provincia, sarebbero finiti su un conto corrente personale di una collaboratrice che vive del Paese in America centrale.
È questa l’accusa mossa a due soci e una collaboratrice dell’associazione «Ora Veglia», costituita da militanti dell’Anpi in pensione, accusati di truffa aggravata ai danni della Provincia. Il sostituto procuratore Rosalia Affinito contesta circa 63.000 euro di contributi pubblici che non sarebbero stati utilizzati per i fini previsti, ma « per scopi personali » . Nei giorni scorsi la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio della segretaria dell’associazione, Alberta Maistri, 62 anni, di Trento, dell’organizzatore, nonché responsabile dei progetti umanitari internazionali, Giorgio Amorth, 70 anni, di Trento e di una collaboratrice, Aurora Guerra Castro, 38 anni, nuora di Maistri. Secondo l’accusa i tre avrebbero indicato falsamente nella presentazione dei progetti umanitari accordi e collaborazioni con associazioni locali, accreditando Castro come collaboratrice della fondazione guatemalteca «Ammar Ayudando» inducendo in errore la Provincia e ottenendo contributi poi transitati sul conto della donna.
Nel mirino degli investigatori del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, che hanno condotto le indagini, sono finiti tre progetti di solidarietà, il primo, denominato «Guatemala 2012» (mirato alla riabilitazione dei bambini e degli adolescenti sopravvissuti al cancro), il «Progetto sanitario 2013» che aveva come obiettivo la riabilitazione dei bambini affetti da leucemia e infine il progetto «Microazione sanitaria» del febbraio 2013 per assistenti di pazienti pediatrici in fase palliativa. Stando alla ricostruzione della Procura il 15 novembre 2011 l’associazione avrebbe presentato falsamente la domanda di contributo, sottoscritta dall’allora presidente Renzo Francescotti ( che è estrano alla vicenda ndr) allegando l’accordo con la fondazione «Ammar Aydando», documento sottoscritto in precedenza per un altro progetto del 2011 effettivamente realizzato. In questo modo i tre avrebbero ottenuto un contributo di 28.371 euro e di questi 27.280 euro sarebbero finiti, attraverso tre bonifici eseguiti da Maistri, sul conto di Castro. Per il secondo progetto viene contestato un contributo di 25.996 euro, erogato dalla Provincia il 28 maggio 2013, mentre per il terzo progetto l’associazione avrebbe illecitamente percepito un contributo di 5.800 euro come anticipo degli 8.400 euro approvati dalla Provincia. In sintesi la Procura parla di 27.280 euro, più altri 39.750 euro che sarebbero stati dirottati dal conto dell’associazione a quello di Castro tra il 13 marzo 2013 e il 5 febbraio 2014.
Sotto la lente della Procura è finito anche un contributo di 3.230 euro per il convegno «Educazione e sensibilizzazione» realizzato a Trento. I soldi sarebbero serviti a pagare anche il biglietto del figlio di Maistri che, secondo la pm, non era relatore nell’incontro.
Accuse tutte da dimostrare, bisogna infatti capire se sono stati fatti degli errori, forse dovuti alla scarsa esperienza o a un po’ di superficialità, oppure se c’è il dolo. Per la Procura, che nonostante la lunga e corposa memoria presentata dalla difesa ha deciso di procedere con la richiesta di rinvio a giudizio dei tre indagati, i documenti di rendicontazione delle spese, depostati nel 2014, nei quali si parla di altri 17.772 euro di spese per il pagamento degli stipendi di Castro, sono un’ulteriore prova del fatto che i soldi non sarebbero stati usati per gli scopi prefissati.
A dare il là all’indagine, a fine 2013, era stata la segnalazione di Roberta Corradini, ex presidente dell’associazione che se ne sarebbe andata via sbattendo la porta (secondo la difesa degli indagati era stata sfiduciata, mentre la donna chiarisce che si era dimessa proprio per i dubbi sull’utilizzo dei contributi). «Io ero stata una delle socie fondatrici dell’ente, nato nel 2010 — spiega — sono stata per anni vice presidente e mi occupavo di iniziative dedicate al genere e alla resistenza. Nel gennaio 2013 sono stata eletta presidente, avevo altre responsabilità e ho chiesto di visionare i documenti relativi ai progetti in corso. Ma non mi sono mai stati dati, a ottobre mi sono dimessa e ho presentato una segnalazione in Procura perché questi equivoci sono spiacevoli soprattutto quando si parla di solidarietà. Io spero e credo che si tratti solo di errori».
La segnalazione è partita dall’ex presidente. Corradini; spero sia un errore