Poesia emancipata Strade cittadine tappezzate di versi
TRENTO Restituire i versi alla quotidianità delle persone, alla dimensione pubblica. Togliere dalla nicchia in cui si è infilata o è scivolata, la poesia, in un’evoluzione sociale che privilegia l’immediatezza e l’immagine. Strappare i componimenti agli autori — al loro pudore, al chiuso dei cassetti, dei computer —, senza annullarne le firme, facendoli leggere e condividere.
Vari e intrecciati tra loro sono gli obiettivi del Mep-Movimento per l’emancipazione della poesia, realtà artistica che sta vivendo un momento di diffusione in Italia, Trentino compreso (da maggio 2015), mentre in Alto Adige ancora manca.
Poesie non propriamente anonime, con l’autore indicato da una sigla (l’iniziale del nome e il numero di ingresso nel movimento), che appaiono stampate su materialissimi e «analogici» fogli di carta nell’ambiente pubblico per eccellenza, non virtuale ma reale: la strada. Su pareti «già rovinate», precisano gli attivisti della realtà nata a Firenze nel marzo 2010 e allargatasi finora a 18 città. Si possono vedere anche a Trento — in via Cervara, nel sottopasso di via Verdi, al parco della Predara —, grazie all’attività di «G16», fondatore del nucleo locale. Non c’è solo l’attacchinaggio. Le «pratiche artistiche non conformi» del movimento — che ha una vivace pagina facebook e un sito di riferimento — sono anche altre: volantinaggio, inserimento clandestino di versi nei libri in vendita nelle librerie e nelle biblioteche, sulle panchine dei parchi, nei portapacchi delle bici, appesi ai fili. Poi c’è la diffusione di poesie in rete, la collaborazione con artisti, compagnie teatrali, musicisti, le interviste. Nulla di snobistico, si sfruttano tutti i canali.
Ecco da dove si parte e dove si arriva: «C’è moltissima gente che scrive poesie e poca che ne legge. Ma tenere i versi nel cassetto ha poco senso: devono essere letti». Spiega, seduto nel bar di Trento più vicino al fiume, G16, in persona, in un’intervista serale davanti a una birra (media). Ventidue anni — classe 1992 —, del capoluogo, studente in un’università della pianura in una materia non letteraria, autore di versi, è il fondatore del nucleo a Trento. A lui se ne stanno aggiungendo altri. Giovane, deciso. Mostra il foglio di consigli su come rispondere a un’intervista avuti nel forum online. Ne nasce un dialogo sulle motivazioni del Mep e sulle principali questioni aperte, dall’anonimato al rapporto tra espressività individuale e società contemporanea.
«Chiunque abbia voglia può entrare, dopo un colloquio conoscitivo — spiega —. Non ci sono requisiti, ma occorre condividere lo spirito dell’iniziativa e avere voglia di fare». Ottenuto l’accesso al sito, ogni utente, siglato, può caricare le proprie poesie. Finora sono circa 200 gli iscritti, per lo più studenti di superiori e università. Esiste poi una seconda piattaforma online (su Mega di King Dotcom) che funge da database per i testi da distribuire. Gli attivisti scaricano da qui le poesie da stampare e attaccare in strada (in piena notte, racconta G16, con un barattolo pieno di colla fatta con farina, acqua e soda caustica). La selezione è random dall’intero database. In questo modo i testi «girano» per la Penisola. In città sono comparsi i fogli a Mesiano, sulla salita Manci, in via Cervara, nel parco della Predara, nel «tombone» di via Verdi, di fronte a Lettere. «Usiamo sempre pareti già rovinate da spray o altri manifesti e rispettiamo monumenti e edifici storici» precisa l’attivista.
Il Mep si basa sull’anonimato per il fatto che l’attacchinaggio è illegale, ma dietro c’è una ragione fondativa. Risolvere «la situazione storicamente emergenziale» in cui si trova la poesia. «Far passare in secondo piano il poeta rispetto alla poesia». «Vogliamo emancipare la poesia, non il poeta — riflette G16 —. Portarla in prima linea, nella dimensione pubblica, nelle strade. Non i testi di qualcuno, ma la poesia in sé. Riportarla viva, quando oggi la parte del leone la fanno altre arti. Ma la scrittura di versi tocca corde profonde dentro l’animo umano. È giusto che abbia il posto che le spetti».
All’anonimato si lega il secondo aspetto peculiare del Mep: il soffermarsi sul fiume di produzione poetica contemporanea, di cui lo stesso movimento mette in evidenza la vastità. La mancanza di selezione all’entrata si associa alla voluta disattenzione per i testi degli autori «classici», antologizzati o solo pubblicati. Niente «poeti laureati», per citare Montale. Tutti possono partecipare e se qualcuno riesce a pubblicare, non deve farlo con i testi dati al Mep. «È difficile — continua — dare un giudizio oggettivo sulla poesia». E qui ci sarebbe da discutere, sulla funzione della critica letteraria, su metrica e semantica, da far imprecare gli accademici. Tuttavia, è pacifico che il tempo farà selezione anche con gli autori pubblicati (quanti ne rimarranno nelle antologie?). È però un altro il punto centrato dal Mep: si tratta del diritto all’espressione artistica individuale. «Semplicemente, trasferiamo il giudizio dal movimento al lettore». Perché anche se si legge poca poesia (sarà vero?), il movimento vuole liberare l’impeto che chiama alla scrittura. Moltissimi scrivono, pochi fanno breccia. «Di poeti ne nascono tre, quattro in un secolo» disse Moravia ai funerali di Pasolini. Altrettanto risicati sono coloro che incarnano davvero la dichiarazione esistenziale e artistica di Ungaretti: «Sono un poeta/ un grido unanime/sono un grumo di sogni» (ma ci sarebbe anche il dissacratorio «I just write poetry so I can go to bed with girls» di Bukowski). Insomma l’urgenza è insopprimibile. «La scrittura nasce dall’esigenza di creare qualcosa di bello, di scaricare una tensione emotiva, di condividere. Tenere una poesia nel cassetto non serve. Va letta, meglio se da tutti in strada», conclude il poeta-attivista. E quindi, libero spazio all’espressione artistica. Utile, inutile, assoluta o leggera, riuscita o no, però in versi. Come scrive Franco Fortini nella lirica «Traducendo Brecht», «La poesia/non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi».
L’autore-militante G16 Chiunque può entrare a far parte del Mep Le composizioni vanno emancipate e lette, meglio se da tutti in mezzo a una strada