Crisi e sicurezza, la gioielleria Cuel chiude i battenti
Piazza Duomo, giù la saracinesca dopo 32 anni. Addio amaro: «Centro poco presidiato»
Dopo trentadue anni la storica gioielleria Cuel chiude i battenti. Alberto Cuel, 68 anni, ha deciso di mettere fine a una vita trascorsa nella bottega all’angolo di piazza Duomo e a un pezzo di storia di Trento. Un addio amaro, motivato dalla crisi economica sempre più pressante e dalla scarsa sicurezza. «Ai gioielli ora si preferiscono i tablet» commenta amareggiato Cuel.
TRENTO Una bottega storica, di quelle che così non se ne vedono più. Alberto Cuel ha 68 anni e nella sua orologeria-gioielleria ne ha passati oltre trenta. «Trentadue, per l’esattezza», rimarca lui, con l’aria smarrita di chi sa che sta per mettere fine a un pezzo di vita. Sì perché quella piccola (grande) impresa messa su nel 1983 all’angolo di piazza Duomo, a breve chiuderà i battenti.
Le ragioni? Molteplici e ormai dannatamente comuni. «Innanzitutto, la crisi. Il nostro settore ne ha risentito moltissimo, colpa dell’euro e dell’impoverimento che la moneta unica ha portato con sé, ma non solo. Sono cambiati i gusti, il mercato ha lasciato da parte l’oro e ha puntato sull’acciaio o, peggio ancora, su plastica e caucciù. Le grandi aziende, insomma, hanno scelto di sopravvivere puntando su prodotti popolari ma di minor costo e qualità», racconta il gioielliere.
Dall’oro agli smartphone
Leghe leggere, dunque, tanto quanto i portafogli dei consumatori che da un paio d’anni a questa parte sembrano affollare più i Compro Oro delle oreficerie. «È così: un tempo si regalavano bracciali e collane per le occasioni importanti, ora cresime e comunioni rispondono al diktat di smartphone e tablet», continua il commerciante.
Dell’oro, insomma, è meglio disfarsi: «Non solo, adesso — confida Cuel — è arrivato il turno dei diamanti, moltissimi cercano di rivenderli per pagare tasse, mutui e gasolio. Segno che anche i ceti di fascia alta qui a Trento sono in seria difficoltà».
Paura all’ora di chiusura
Eppure, non sono state le complessità del mercato che arranca ad aver portato Cuel alla decisione di chiudere. Più della crisi, infatti, è stata la paura. Due settimane fa, la sensazione angosciante di essere preda di un tentativo di furto con destrezza: «Due uomini con accento dell’est Europa sono entrati nel negozio con una mazzetta di soldi in mano, hanno ostentato interesse verso oggetti molto preziosi, avanzando richieste tanto precise quanto insolite sulla merce. Il tutto, puntando ossessivamente lo sguardo sulle telecamere a circuito chiuso», racconta Cuel, che al momento era in negozio con la figlia Angela.
«Ci siamo accorti molto presto che qualcosa non andava. Così abbiamo evitato di mostrare la merce di maggior valore e con un po’ di furbizia siamo riusciti a farli uscire, anche perché eravamo vicini all’orario di chiusura, ma da quel momento mia figlia è terrorizzata e non intende più restare in negozio da sola», spiega.
«Abbandonati»
Dopotutto, il susseguirsi di rapine di cui la città è stata teatro negli ultimi mesi, sembra legittimare il senso di insicurezza. «Ho parlato con altri negozianti del centro — sottolinea — Ci sentiamo abbandonati, poco tutelati. La piazza pullula di extracomunitari, non c’è l’ombra di un vigile e la polizia non fa praticamente nulla».
«Evitate lavori in proprio»
La conseguenza, dunque, è presto detta: chiudere bottega. E pazienza per gli anni passati a sistemare ingranaggi e studiare lucentezze: «Non posso continuare a rischiare per guadagnare quanto una colf. Anzi, ai ragazzi sapete cosa dico? Evitate lavori in proprio, scegliete attività tranquille, anche a basso reddito, ma che possano assicurarvi la serenità».