Casse Rurali, i paletti del sindacato
La Fabi fissa due criteri: omogeneità territoriale e credibilità del management
Federcoop ha delineato il piano fusioni delle Casse rurali, anche se il presidente Fracalossi ha specificato che ogni istituto ha autonomia. Così il sindacato maggioritario Fabi, da sempre sponda per Via Segantini, dice ai propri iscritti che non darà un consenso acritico a tutti i progetti di fusione. I paletti sono due: l’omogeneità territoriale e la preparazione dei vertici. Dovessero emergere «colpe», occorre il ricambio.
TRENTO Sul piano di riorganizzazione delle Casse rurali Trentine, il sindacato maggioritario Fabi pone alcuni paletti importanti. Un approccio diverso, rispetto a un largo appoggio finora indirizzato alle scelte della Federazione della cooperazione.
Il documento diffuso dalla Fabi prende spunto da recenti incursioni mediatiche, in particolare dall’intervista che il presidente di Federcoop Giorgio Fracalossi ha rilasciato nei giorni scorsi a RaiTre. In quella sede il successore di Diego Schelfi spiegava che, stante il piano di dimezzamento delle Rurali, da 43 a una ventina, o forse meno, «ogni Cassa è totalmente autonoma nelle sue scelte». Si tratta di «scelte di responsabilità», il percorso tracciato è «inevitabile», ma niente disegni calati dall’alto. Come dire che Federcoop, dopo aver impresso una forte accelerazione al riordino, ora tira il freno.
Fabi ha sempre collaborato con il movimento, compiendo scelte diverse rispetto agli altri sindacati di categoria, non ultima quella di sostenere la creazione del Fondo occupazione provinciale che vede la partecipazione diretta dei dipendenti nel fornire risorse per accompagnare l’uscita dei colleghi a fine carriera. Il sindacato di Passaggio Zippel ora però fissa «due importanti indirizzi di carattere strategico che costituiranno il presupposto indispensabile per dare il nostro avallo a ogni accordo sindacale di riorganizzazione aziendale e a ogni progetto di fusione». In primis la «territorialità», vale a dire che «le eventuali fusioni fra Casse dovranno tenere in debito conto sia il principio della buona osmosi fra vari territori di operatività, sia quello della vicinanza aziendale a tutte le comunità interessate».
Il secondo riguarda la «credibilità della governance e del management aziendale». «Eventuali progetti di fusione o ristrutturazione non troveranno in alcun modo il nostro consenso nel caso in cui, alla fine della singola procedura di contrattazione, dovessero emergere carenze o colpe di assoluto rilievo a carico dei vertici di management e governance, senza alcuna garanzia di ricambio».
I due paletti per Fabi sono irrinunciabili, soprattutto nel momento in cui «ci dovessimo trovare di fronte a richieste aziendali di sacrifici economici e normativi a carico di lavoratori e richieste di futura attivazione del Fondo trentino di sostegno all’occupazione, attualmente in fase di costituzione o dei Fondi nazionali in essere».
Non solo la Fabi reagisce ai messaggi di Fracalossi, garante dell’autonomia di ogni singola banca. «Sarebbe tempo che il presidente si presentasse al sindacato e spiegasse se ha un programma chiaro rispetto alla riorganizzazione» dice Maurizio Mosaner della Uilca.
Infine, in attesa di capire quale sarà il disegno nazionale della riforma del credito cooperativo, ieri a Roma è stato costituito, presso l’Inps, il comitato amministratore del «Fondo di solidarietà per il sostegno all’occupabilità, all’occupazione e del reddito del personale del credito cooperativo», in carica per i prossimi 4 anni. Ne fanno parte Olga Lilla, Domenico Ruggeri, Felice Testa, Daniela Totino e Stefano Trombani per Federcasse. Giuseppe Biamonte, Roberto Conti, Luigi Verde, Bruno Vozza, e Giuseppe Amabile designati congiuntamente da Dircredito, Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Sincra e Uilca.