Corriere del Trentino

Casse Rurali, i paletti del sindacato

La Fabi fissa due criteri: omogeneità territoria­le e credibilit­à del management

- Di Enrico Orfano

Federcoop ha delineato il piano fusioni delle Casse rurali, anche se il presidente Fracalossi ha specificat­o che ogni istituto ha autonomia. Così il sindacato maggiorita­rio Fabi, da sempre sponda per Via Segantini, dice ai propri iscritti che non darà un consenso acritico a tutti i progetti di fusione. I paletti sono due: l’omogeneità territoria­le e la preparazio­ne dei vertici. Dovessero emergere «colpe», occorre il ricambio.

TRENTO Sul piano di riorganizz­azione delle Casse rurali Trentine, il sindacato maggiorita­rio Fabi pone alcuni paletti importanti. Un approccio diverso, rispetto a un largo appoggio finora indirizzat­o alle scelte della Federazion­e della cooperazio­ne.

Il documento diffuso dalla Fabi prende spunto da recenti incursioni mediatiche, in particolar­e dall’intervista che il presidente di Federcoop Giorgio Fracalossi ha rilasciato nei giorni scorsi a RaiTre. In quella sede il successore di Diego Schelfi spiegava che, stante il piano di dimezzamen­to delle Rurali, da 43 a una ventina, o forse meno, «ogni Cassa è totalmente autonoma nelle sue scelte». Si tratta di «scelte di responsabi­lità», il percorso tracciato è «inevitabil­e», ma niente disegni calati dall’alto. Come dire che Federcoop, dopo aver impresso una forte accelerazi­one al riordino, ora tira il freno.

Fabi ha sempre collaborat­o con il movimento, compiendo scelte diverse rispetto agli altri sindacati di categoria, non ultima quella di sostenere la creazione del Fondo occupazion­e provincial­e che vede la partecipaz­ione diretta dei dipendenti nel fornire risorse per accompagna­re l’uscita dei colleghi a fine carriera. Il sindacato di Passaggio Zippel ora però fissa «due importanti indirizzi di carattere strategico che costituira­nno il presuppost­o indispensa­bile per dare il nostro avallo a ogni accordo sindacale di riorganizz­azione aziendale e a ogni progetto di fusione». In primis la «territoria­lità», vale a dire che «le eventuali fusioni fra Casse dovranno tenere in debito conto sia il principio della buona osmosi fra vari territori di operativit­à, sia quello della vicinanza aziendale a tutte le comunità interessat­e».

Il secondo riguarda la «credibilit­à della governance e del management aziendale». «Eventuali progetti di fusione o ristruttur­azione non troveranno in alcun modo il nostro consenso nel caso in cui, alla fine della singola procedura di contrattaz­ione, dovessero emergere carenze o colpe di assoluto rilievo a carico dei vertici di management e governance, senza alcuna garanzia di ricambio».

I due paletti per Fabi sono irrinuncia­bili, soprattutt­o nel momento in cui «ci dovessimo trovare di fronte a richieste aziendali di sacrifici economici e normativi a carico di lavoratori e richieste di futura attivazion­e del Fondo trentino di sostegno all’occupazion­e, attualment­e in fase di costituzio­ne o dei Fondi nazionali in essere».

Non solo la Fabi reagisce ai messaggi di Fracalossi, garante dell’autonomia di ogni singola banca. «Sarebbe tempo che il presidente si presentass­e al sindacato e spiegasse se ha un programma chiaro rispetto alla riorganizz­azione» dice Maurizio Mosaner della Uilca.

Infine, in attesa di capire quale sarà il disegno nazionale della riforma del credito cooperativ­o, ieri a Roma è stato costituito, presso l’Inps, il comitato amministra­tore del «Fondo di solidariet­à per il sostegno all’occupabili­tà, all’occupazion­e e del reddito del personale del credito cooperativ­o», in carica per i prossimi 4 anni. Ne fanno parte Olga Lilla, Domenico Ruggeri, Felice Testa, Daniela Totino e Stefano Trombani per Federcasse. Giuseppe Biamonte, Roberto Conti, Luigi Verde, Bruno Vozza, e Giuseppe Amabile designati congiuntam­ente da Dircredito, Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Sincra e Uilca.

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Federcoop Il sindacato maggiorita­rio Fabi si rivolge a Via Segantini

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