Corriere del Trentino

Trattament­i fitosanita­ri Nei paesi è meglio «bio»

- Di Solomon Tokaj

In Trentino ci sono le regole ad hoc per la cura delle malattie di viti e simili

Pochi giorni fa sono state comunicate dalla Provincia di Trento le nuove distanze minime dei trattament­i fitosanita­ri.

L’obbligo è di trenta metri di distanza da parchi e giardini pubblici, aree sportive e aree verdi interne a scuole e asili nido, strutture sanitarie e socio assistenzi­ali, per tutti i prodotti fitosanita­ri, nel caso non siano adottate misure di contenimen­to della deriva; di dieci metri per i fitosanita­ri classifica­ti come tossici, molto tossici o recanti in etichetta le frasi di rischio previste dal Provincia autonoma (vedi sotto), ma solo quando sono state adottate misure di contenimen­to della deriva; cinque metri per i prodotti fitosanita­ri diversi da quelli precedenti se si contiene la deriva; da zero a cinque metri, ma solo per la distribuzi­one di prodotti fitosanita­ri non tossici, se si utilizzano sistemi di distribuzi­one dei fitofarmac­i “a tunnel”, lance azionate a mano con pressione moderata e proporzion­ata alle dimensioni della coltura, atomizzato­ri dotati di misure di contenimen­to della deriva.

Le nuove regole sono state approvate dalla Giunta provincial­e, attuando le «Disposizio­ni per l’attuazione del Piano nazionale per l’uso sostenibil­e dei prodotti fitosanita­ri (Pan) adottato con decreto 22 gennaio 2014», che erano state a loro volta approvate dalla giunta nel marzo scorso (delibera n. 369). Tra le altre regole, c’è anche quella che impone di effettuare i trattament­i in prossimità di aree «sensibili» solo nella fascia oraria che va dalle 22 alle 6.

Nel mondo agricolo, qualcuno non ha apprezzato: il professor Geremia Gios, ex sindaco di Vallarsa, intervista­to dalla stampa locale, ha definito le nuove regole insufficie­nti, annunciand­o a breve la pubblicazi­one di uno studio sulle esternalit­à dell’agricoltur­a su un territorio complesso come quello trentino, dove un’agricoltur­a spesso intensiva convive con una fitta rete di centri abitati. Luci e ombre anche per i Vignaioli del Trentino: «Aver prodotto un regolament­o sui trattament­i fitosanita­ri, riconoscen­do anche l’impegno di chi si è dotato negli anni di tecnologie sempre più innovative a tutela dell’ambiente e delle persone, è sicurament­e un passo importante», è la posizione dei Vignaioli, che da poco hanno fondato un nuovo Consorzio, per voce del loro presidente Lorenzo Cesconi. «Il Trentino però deve ancora lavorare molto per garantire la sostenibil­ità della nostra agricoltur­a. Per fare questo è necessario un forte cambiament­o culturale, la diffusione di metodi biologici, un’attenzione alla qualità piuttosto che alla quantità, la quale necessita di pratiche intensive spesso non sostenibil­i. Ma anche, per esempio, la diffusione di varietà resistenti nelle vicinanze di scuole o altri luoghi sensibili».

Questo è un tema di assoluto interesse, che nell’ultimo anno mi è capitato più volte di affrontare: quale uso migliore per le varietà resistenti (in viticoltur­a e in frutticolt­ura) se non nelle zone di confine tra campagna e abitato? C’è il pericolo, infatti, che cittadini sempre più estranei alla vita rurale non siano in grado di accettare e comprender­e ritmi, prassi e tecniche degli operatori di campagna. «Il rischio è che l’agricoltur­a venga vista come una minaccia», prosegue Cesconi. «Niente è più intimo di ciò che si ingerisce e l’agricoltor­e deve operare con questa consapevol­ezza. È compito nostro lavorare nel rispetto delle persone e dell’ambiente, perché il contadino è custode del territorio e deve averne cura».

In collaboraz­ione con www.imperialwi­nes.org . Riferiment­o twitter @impwines , #solomont.

Il dispositiv­o

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