Camosci malati, colpa della rogna Vietato sparare
Da domenica riprenderà l’attività venatoria in provincia di Trento: 6.500 appassionati si muoveranno sotto la supervisione dell’Associazione cacciatori trentini (Act), che ha comunicato le quote di prelievo della fauna selvatica e raccomanda il rispetto delle norme per la sicurezza nell’uso delle armi. C’è preoccupazione per la situazione dei camosci, sofferenti per un’epizoozia che rischia di diminuirne drasticamente la popolazione. La polizia di Stato, infine, ha previsto per domenica l’apertura straordinaria dell’ufficio armi per consentire ai cacciatori che ancora non l’avessero fatto di ritirare i documenti necessari.
«La nostra associazione raccoglie la quasi totalità di cacciatori della provincia — spiega Carlo Pezzato, presidente della Act — ma le aree di cui ci occupiamo vanno ben oltre la semplice attività venatoria: dal monitoraggio e censimento della fauna alla stesura dei piani di prelievo fino alla cura del territorio. Crediamo in un approccio responsabile alla caccia». A riprova di quanto detto, Pezzato presenta alcuni dati: «Diversi distretti faunistici hanno chiesto di ridurre le quote di prelievo, nonostante avessero già firmato accordi pluriennali che ne stabilivano l’entità. È una decisione che testimonia attenzione verso il territorio: siamo consapevoli che il futuro della caccia dipende dal benessere e dalla prosperità della fauna che abita le nostre montagne». Una specie è particolarmente a rischio: i camosci di sette ambiti territoriali omogenei (il Trentino è diviso in 28 ambiti) hanno infatti contratto la rogna sarcoptica, virus che in altre zone della penisola ha comportato la scomparsa di camosci nell’ordine dell’80 o 90 per cento del— la popolazione. «Abbiamo deciso di bloccare la caccia al camoscio nei distretti in cui è diffusa la malattia — riferisce Pezzato — così da evitare di abbattere gli animali sani. Lasceremo che i camosci resistenti al virus ripopolino quelle aree montane». Il presidente della Act si dice complessivamente soddisfatto dell’operato dell’associazione: «Basta guardare ai numeri: dei 6.502 cacciatori del Trentino, 6.338 sono tesserati da noi. Nel 2015 abbiamo avuto 144 nuovi soci, il 10% dei quali sono ragazzi appena diventati maggiorenni».
Non è tanto il numero di porti d’arma per caccia, tuttavia, a crescere, quanto più quello dei porti d’arma a uso sportivo. «Con una maggiore quantità di armi in circolazione spiega la Questura del capoluogo — è necessario ribadire le norme di sicurezza: maneggiare sempre l’arma come se fosse carica, tenere pulita la canna, non sparare verso l’alto se non ci sono pareti di roccia o altri elementi che possano assorbire il colpo nel caso si manchi il bersaglio». L’associazione ha avviato da diversi anni una collaborazione con la Questura per diffondere informazioni e buone pratiche in materia di utilizzo delle armi da fuoco. «Siamo riusciti a ridurre di molto il numero di incidenti — sostiene Pezzato — ma mi riesce difficile esultare: anche un solo incidente basta a rovinare la serenità della stagione di caccia». Negli ultimi cinque anni ci sono stati due incidenti mortali e una decina di feriti: «Siamo sotto la media nazionale — conclude Pezzato — e questo ci lascia sperare nella possibilità di una ulteriore diminuzione in futuro. Conoscere le norme è importante tanto quanto avere buonsenso nel maneggiare le armi».