DARE IL MEGLIO OLTRE LA RETE
Durante la Giornata dell’Autonomia sono state contrapposte autostrade tradizionali e autostrade digitali, evidenziando la necessità della realizzazione e dell’ampliamento di queste ultime, interrogandosi implicitamente sull’opportunità del completamento delle prime, o di alcune di esse. Difficile non essere d’accordo. Ma la realizzazione delle reti può non bastare, se chi le frequenta non sa trarne vantaggio o, peggio ancora, le utilizza per fare danni. O se chi le realizza, mettendole a disposizione della collettività, non considera correttamente gli interessi e le specificità di tali «autostrade». L’Italia, in materia di digitalizzazione, non spicca affatto. La World Wide Web Foundation, organizzazione fondata nel 2009 da Tim Berners-Lee — «inventore» venti anni prima «www» — predispone e pubblica ogni anno un ranking internazionale. È basato sul Web index che misura il contributo di internet al progresso sociale, economico e politico di diversi Paesi (86, nel 2014). In una classifica guidata dalla Danimarca (100 punti) e chiusa dall’Etiopia (0 punti), l’Italia è al 29° posto (63,83 punti), sedicesima nell’ambito della Ue.
Fermo restando il valore non assoluto dei ranking, e dovendosi evitare un effettorincorsa puramente strumentale, la classifica ci dice e ci conferma non solo che l’Italia può e deve migliorare nel proprio processo di digitalizzazione, ma anche che il deficit infrastrutturale è solo una parte del problema. Gli indici utilizzati dal Web index sono raggruppati in quattro famiglie: accesso universale; contenuti pertinenti e uso; libertà e trasparenza; empowerment. L’Italia non eccelle in nessuna di queste famiglie, oscillando tra 26° e 37° posto.
Il contributo che il pubblico, anche a livello provinciale e regionale, può apportare non deve pertanto limitarsi agli aspetti infrastrutturali, pure rilevanti. Occorre agire sulla fruizione della rete, perfino quando ciò può essere scomodo. Un paio di valori del ranking, relativi ai criteri specifici, che possono far riflettere: l’Italia è al 49° posto per quanto riguarda educazione e sensibilizzazione, e al 51° posto per il diritto all’informazione.
Non si tratta quindi solo di realizzare nuove reti, sempre più veloci. Occorre fornire ai cittadini la possibilità di sfruttare la rete al meglio, munendo loro di strumenti culturali — e non solo tecnici — idonei. È necessario anche rivedere il rapporto del potere pubblico con la Rete, spesso demonizzata, e con i cittadini, senza limitare le possibilità — magari «scomode» — di informazione, apertura e trasparenza.