IL NANISMO DELL’IMPRESA
Negli ultimi dieci anni la popolazione trentina è cresciuta in media di cinque-seimila persone l’anno. L’anagrafe delle imprese, al contrario, ha registrato nello stesso arco temporale una decrescita meno eclatante ma continua. Anche nel 2014, secondo la Camera di Commercio, il numero totale delle imprese è risultato inferiore a quello del 2013: 51.106 contro 51.517.
Situazione positiva o negativa? Prima di abbozzare una risposta, un po’ di cifre per capire meglio di cosa stiamo parlando. Tra il 2000 e il 2006, il saldo fra le imprese di nuova costituzione e quelle che hanno cessato l’attività è sempre stato positivo. L’inversione di tendenza avviene nel 2007, con una perdita di 407 unità; che diventano 71 nel 2008, 532 nel 2009, 117 nel 2010, 438 nel 2011, 602 nel 2012, 227 nel 2013 e 207 nel 2014. Una vera e propria emorragia che non ha risparmiato nessun campo dell’attività economica.
Più articolato, invece, l’impatto sulle tipologie d’impresa e sui settori. Negli ultimi due anni, per esempio, mentre le società di persone scendevano da 12.098 a 11.931 (-1,4%) e le ditte individuali da 28.905 a 28.559 (-1,2%), le società di capitali passavano da 9.013 a 9.339 (+3,6%). Tra le società di capitali, le performance migliori si sono avute nei servizi di fornitura energetica (+29,3%), in agricoltura e nei settori collegati (+14,3%) e nell’area finanza-assicurazioni (+10,3%). Tra le società di persone, accanto ai picchi negativi di istruzione (-16,9%), sanità e assistenza (-15%), si è registrato un forte aumento (+9,1%) nel campo della fornitura d’acqua e delle reti fognarie e un aumento più che soddisfacente (+4,8%) nei servizi di noleggio, nell’organizzazione dei viaggi e nel supporto alle imprese. Quanto alle ditte individuali, a fronte dei brillanti risultati dell’istruzione e del tandem sanità-assistenza (+16-17%), stanno le cifre negative di estrazione e cave (-25%) nonché di forniture d’acqua e reti fognarie (-13%).
Se questo è il quadro, proviamo a rispondere alla domanda iniziale. In una provincia in cui le imprese con meno di dieci dipendenti sono oltre il 90% del totale e in cui quelle con un numero di addetti compreso fra tre e nove è di poco superiore al 20%, il fatto che la numerosità diminuisca non è di per sé un male. Anzi. Così come non è un male che crescano le società di capitali e che calino quelle di persone e le ditte individuali. Il fenomeno segnala se mai un irrobustimento dei fondamentali d’impresa.
Il problema nasce se, a fronte di tutto ciò, le dimensioni medie restano quelle che sono e la produttività generale non aumenta. Nel caso del Trentino, il dato quantitativo sembra purtroppo indicare semplicemente la situazione di stallo in cui si trova l’economia.