Marcia a piedi scalzi, come i migranti
La marcia In piazza associazioni, Pd, sindacati e molta gente comune
Erano più di mille ieri, gli uomini e le donne, che hanno marciato lungo le vie del centro in segno di solidarietà con i profughi. In piazza Pd e sindacati.
TRENTO Erano più di mille. Alcuni si sono levati le scarpe appena prima di partire, altri si sono lasciati coinvolgere durante il tragitto. Sneakers, sandali, scarpe con il tacco, messe da parte allo stesso modo dentro una borsa o nel passeggino del bambino per camminare a piedi nudi lungo le vie del centro come ieri si è fatto nello stesso momento in altre sessanta città d’Italia.
La «Marcia delle donne e degli uomini scalzi» di Trento, promossa a Venezia da un gruppo di figure pubbliche e rilanciata nel capoluogo trentino dall’associazione «Ya basta», ha richiamato cittadini comuni ma anche rappresentanti del mondo della politica, della cultura e del volontariato, partiti tutti insieme da piazza Duomo per poi farvi ritorno dopo aver percorso via Belenzani, via Vittorio Alfieri, via Andrea Pozzo, via delle Orfane e via Cavour, passando davanti al palazzo della Regione, della Provincia e alla stazione ferroviaria.
«È un momento storico che cambierà il modo in cui ci rapportiamo al resto del mondo e dobbiamo mostrare che ci siamo, che facciamo e faremo la nostra parte» spiega l’assessora Ferrari, completo blu e piedi nudi. Ci sono i consiglieri provinciali Violeta Plotegher, scalza, Mattia Civico, scalzo, Donata Borgonovo Re, in sandali, l’eurodeputato del Pd Michele Nicoletti e il segretario trentino del partito Sergio Barbacovi, entrambi con le scarpe. Assente giustificato l’assessore Luca Zeni, impegnato in Val di Sole dove ha continuato gli incontri con i sindaci proprio per discutere di accoglienza. Ci sono il segretario della Uil Walter Alotti, quello della Cisl Lorenzo Pomini, l’ex della Cgil Paolo Burli e il suo successore Franco Ianeselli. «Anche dentro il sindacato c’è stato un momento in cui la voce della paura è stata forte ma ora l’aria è cambiata, perché il valore della vita umana viene prima di tutto — spiega quest’ultimo — C’è chi ha dato dei segnali negativi, come ad Avio, dove si è detto “vengono prima i nostri operai”, ma noi oggi siamo qui per dire che la risposta non è la contrapposizione fra operai e migranti ma un’accoglienza intelligente».
Tra quelle oltre mille persone si possono riconoscere anche il presidente delle Acli Fausto Gardumi, quello della comunità islamica Aboul Kheir Breigheche, quello dell’Arci Andrea La Malfa, quello del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca) Vincenzo Passerini e quello dell’Arcigay Paolo Zanella.
«La situazione è evidente, ci sono migliaia di persone che scappano da luoghi di guerra su cui piovono anche bombe italiane e fare differenze tra rifugiati politici e migranti economici non ha senso — spiega Massimiliano Pilati, presidente del Forum trentino per la pace e i diritti umani — L’emergenza non finirà finché non finiranno le guerre».