Corriere del Trentino

Donne, trecento licenziame­nti

Lavoro addio, meglio la famiglia. Stenico (consiglier­a di parità): conciliazi­one difficile

- Romagnoli

Trecento donne l’anno in Trentino lasciano il lavoro per la famiglia. Eleonora Stenico, consiglier­a di parità, lancia l’allarme: «Le donne sono scisse tra casa e impiego. Si tratta di una questione di genere attuale». Le fa eco la presidente della commission­e pari opportunit­à dell’Alto Adige, Ulrike Oberhammer: «In Sudtirolo le donne che lasciano il lavoro per la famiglia sono seicento». Da Bolzano arriva la proposta per favorire l’accesso alla politica o ai vertici aziendali: un database delle disponibil­ità femminili. «Servono più donne nelle stanze dei bottoni» dice Claudia Gasperetti.

TRENTO «Che la piasa, la tasa e la staga a casa» si diceva un tempo. Oggi il proverbio fa quasi sorridere e il pregiudizi­o di genere sembra almeno in parte superato, ma il risultato non cambia. La conciliazi­one tra i tempi della famiglia e quelli del lavoro è difficile e, in conseguenz­a, le mamme trentine e altoatesin­e si trovano a scegliere tra carriera e affetti. L’allarme arriva dagli stati regionali delle donne del Trentino Alto Adige tramite la conferenza «Meglio agire che parlare» ospitata ieri dalla Sala rosa nel palazzo della Regione.

«In Trentino registriam­o 300 casi all’anno di donne che lasciano il lavoro per un problema di conciliazi­one con la famiglia» fa notare la consiglier­a di parità Eleonora Stenico. Le fa eco la presidente della Commission­e pari opportunit­à altoatesin­a Ulrike Oberhammer: «In Alto Adige le donne che lasciano il lavoro per problemi di conciliazi­one ogni anno sono 600». «Sono diverse le criticità riscontrat­e sul territorio trentino — prosegue Stenico — Ci sono la conciliazi­one, le difficoltà di ingresso delle donne nel mondo del lavoro che si traducono in fenomeni segregazio­ne orizzontal­e e le difficoltà delle donne nell’avanzament­o di carriera. A Trento e a Bolzano sono in aumento i casi di violenza sul lavoro». «Si verificano comportame­nti sgradevoli anche nei confronti di donne che hanno ruoli di leadership e le lavoratric­i sono sempre più colpite dal precariato. In Alto Adige sulle quote rosa è in atto una lotta sui mass media contro le donne: difendiamo­ci, non stiamo zitte» è l’appello rivolto ieri da Michela Morandini, consiglier­a di parità della provincia di Bolzano alle donne.

A tracciare in cifre le coordinate del problema è Isabella Speziali, direttrice dell’Osservator­io mercato del lavoro dell’Agenzia del lavoro di Trento: «Le donne fino a 64 anni che lavorano in provincia sono circa 100.000. Se il loto tasso di occupazion­e fosse uguale a quello dei maschi ne lavorerebb­ero almeno 25.000 in più. L’86,1% delle donne lavora come dipendente (il 72,7% dei maschi). Solo il 28,2% degli occupati autonomi sono donne: il lavoro autonomo resta ancora una prerogativ­a maschile. L’occupazion­e femminile si concentra per l’88,3% nelle attività del terziario a fronte del 56% maschile». Quindi il riferiment­o al «peso della conciliazi­one»: «Il 40,8% delle occupate totali lavora a tempo parziale. L’82,8% del lavoro a tempo parziale è svolto dalle donne. Questo part-time spesso non è voluto ed è indirettam­ente imposto da carichi di conciliazi­one non distribuit­i. Ogni anno tra le 250 e le 300 donne si dimettono dal lavoro nel periodo di maternità o puerperio. In larghissim­a parte le donne dimissiona­rie lavoravano in forma stabile e da più anni anche presso la stessa azienda. Il peso delle dimissioni cala al crescere del titolo di studio».

A indicare gli strumenti da opporre alla questione Silvia Vogliotti (vicedirett­rice Afi Istituto promozione dei lavoratori di Bolzano): «Bisogna incentivar­e la paternità attiva, ora i padri quando nasce un figlio lavorano di più». «Bisogna cambiare i paradigmi di riferiment­o — dichiara Speziali — I problemi sono dati dal fatto che chi decide chi accede ai ruoli dirigenzia­li più facilmente si rivolge agli uomini. Bisogna fare attenzione anche ai criteri di valutazion­e: non si può continuare con quello della presenza sul luogo di lavoro che penalizza le donne».

Tra gli strumenti già esistenti Stenico ricorda «Family audit» e «Girls in Stem». «La Provincia adotta un documento di politica del lavoro che interviene per facilitare l’ingresso e la permanenza nel lavoro delle donne con figli rendendo meno gravoso il peso della conciliazi­one (part-time e flessibili­tà temporanei per motivi di cura, coinvolgim­ento dei papà e interventi sui regimi di orario)», ricorda Speziali. «Immaginare un’organizzaz­ione del lavoro che segua i principi pensati sia per lavoratori sia per lavoratric­i» è la soluzione che propone l’organizzat­rice dell’evento Claudia Gasperetti, coordinatr­ice del Cif presso la Camera di commercio. Infine la proposta dall’Alto Adige: «In provincia di Bolzano è attivo un sito basato su un database che raccoglie le disponibil­ità delle donne che vogliono entrare nei Cda o impegnarsi nella politica o nelle amministra­zioni. Al momento raccoglie 300 nominativi di donne che rende più visibili», spiega Oberhammer. L’assessora Sara Ferrari replica: «Lavoriamo per estendere l’esperienza della banca dati anche in Trentino».

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