«False mele bio», la Procura accelera
Paoli, Coser e un mediatore: chiesto il processo. Nei guai anche «La Trentina»
La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei due vertici della Cooperativa di Aldeno, il presidente Mauro Coser e il direttore Armando Paoli, per truffa sulle erogazioni pubbliche e frode in commercio. Nel mirino anche mele normali spacciate per bio. Ma ora rischiano anche le società. Il pm ha indagato per la responsabilità amministrativa il Consorzio Valli Trentine, Sft e anche il Consorzio «La Trentina».
TRENTO Le controdeduzioni della difesa non sono bastate a convincere la Procura. A due mesi di distanza dalla notifica dell’avviso di conclusione indagini sulla presunta truffa delle mele il pm Marco Gallina ha chiesto il rinvio a giudizio per i due vertici della Cooperativa di Aldeno, il presidente Mauro Coser (da poco confermato nel cda della Federazione della cooperazione) e il direttore di Sft, Armando Paoli, oltre al mediatore Franco Waldner, coinvolto nell’inchiesta.
Le accuse restano le stesse, ma ora rischiano anche le società. La Procura ha infatti indagato per la responsabilità amministrativa (prevista dall’articolo 24 e 25 bis del decreto legislativo 231 del 2001) sia il Consorzio Valli Trentine scarl e la Sft (Società frutticoltori Trento), ma anche il Consorzio La Trentina, lo stesso grazie al quale è partita l’indagine. Gli attuali vertici — è doveroso precisarlo — non c’entrano nulla con l’inchiesta. Ma le società rischiano di pagare pesanti pene pecuniarie oltre a perdere i contributi.
Un fulmine a ciel sereno per La Trentina, difesa dall’avvocato Giorgio Fassino, che ha ampiamente collaborato all’inchiesta. La Trentina è finita nei guai perché nel periodo dei fatti contestati alla guida della società c’era Mauro Coser e Armando Paoli era consigliere. Per questo anche il Consorzio ora dovrà difendersi davanti al giudice. Il sostituto procuratore ipotizza la truffa sulle erogazioni pubbliche, la frode in commercio e la vendita di prodotti con segni mendaci. Contestazioni che ovviamente dovranno essere provate. Le difese stanno preparando la strategia per l’udienza davanti al giudice delle indagini preliminari, che sarà fissata a breve.
Ma procediamo per gradi. L’indagine era scattata lo scorso anno. Sotto la lente degli investigatori del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, sono finiti i contributi di Agea, l’ente erogatore dei fondi europei, erogati a «La Trentina» negli anni 2012 e 2013. Secondo quanto contestato Coser e Paoli, approfittando della loro posizione all’interno del Consorzio e della Sft di Aldeno avrebbero conferito quintali di mele facendole passare come prodotti della Cooperativa di Aldeno, ma in realtà prodotte da altri contadini, «fittiziamente» indicati come soci. In tutto questo avrebbe avuto un ruolo anche il mediatore, Franco Waldner, che aveva il compito, per l’accusa, di procacciare i prodotti agricoli.
La Procura ipotizza contributi indebiti per 91.898 euro per quanto riguarda il 2012 e altri 84.344 euro per il 2013. Per gli anni 2013 e 2014 viene invece contestata la truffa sul conseguimento da parte del Consorzio Valli Trentine del riconosci-conferitori, mento Op (organizzazione produttori), una qualifica molto importante, ma per ottenerla bisogna avere determinati requisiti tra cui quello di aver un prodotto conferito dai soci del valore di almeno 20 milioni di euro. Un obiettivo non facile da raggiungere in quanto bisogna avere molti soci. Coser e Paoli avrebbero architettato un sistema per creare «soci apparenti» che in realtà erano semplici per raggiungere la soglia prevista (la produzione annua commercializzata, secondo i dati della Finanza, era di 17 milioni e 455.787 euro). In questo modo avrebbero chiesto indebitamente contributi europei, peraltro non ancora liquidati, per 925.716 euro per il 2014 e 888.214 per il 2015.
Ma c’è di più. A Coser e Paoli la Procura contesta anche frode in commercio in quanto avrebbero conferito a «La Trentina società consortile di O. P. » quantitativi di mele (si parla di 367.806 chili solo nel 2011) indicate come trentine, ma in realtà provenivano da altre province. Stesso modus operandi sarebbe stato utilizzato per le mele bio. Il neonato Consorzio avrebbe spacciato mele «tradizionali» per mele «bio». «Ma in realtà — scrive la Procura — provenivano da produttori sprovvisti di terreni dediti alla coltivazione biologica, ma venivano fraudolentemente commercializzati con tale indicazione».
I finanzieri hanno analizzato tutti i conferimenti e i trasporti effettuati dal Veneto al Trentino tra l’autunno 2011 e dicembre 2014.