«Testamento biologico per le persone sane» Zeni annuncia la svolta
Testamento biologico, l’assessore accelera
Come noto, in Italia manca una normativa sul testamento biologico. Le indicazioni scritte non saranno vincolanti. Saranno però lì a testimoniare quale sarebbe stata la volontà del paziente. Per questo l’assessorato alla sanità guidato da Luca Zeni vuole fare un passo in più: dopo la raccolta sperimentale delle dichiarazioni dei pazienti affetti da patologie cronico-degenerative, l’assessore intende estendere il principio anche alle persone sane.
TRENTO La definizione s’impone con freddezza: «Dichiarazione anticipata di trattamento». Dietro a ogni singola parola si nasconde però un dedalo d’implicazioni etiche, giuridiche, individuali, sociali, familiari, religiose. Implicazioni talmente ingombranti da rivelarsi, appunto, labirintiche. A sfocarsi, per l’assessore Luca Zeni, è la necessità di rispondere all’interesse (qualunque esso sia) dell’individuo: «Abbiamo il dovere di mettere al centro di tutto la dignità della persona» ha detto ieri nel corso del seminario dedicato al tema del testamento biologico. Invitando ad abbandonare «logiche ideologiche», Zeni riprende in mano le raccomandazioni del comitato bioetico dell’Azienda sanitaria e suggerisce di proseguire il cammino intrapreso a Trento: dopo la raccolta sperimentale delle dichiarazioni dei pazienti affetti da patologie cronico-degenerative, l’assessore intende estendere il principio anche alle persone sane. Tutto ciò con il coinvolgimento dei medici di base.
Il contesto normativo, si sa, è deficitario. «Siamo consapevoli delle difficoltà giuridiche della questione — ha spiegato ieri Zeni — perché la competenza è statale e manca una legge di riferimento, e perché sappiamo che le dichiarazioni anticipate di trattamento non sono vincolanti per il medico. Per questo non ci siamo mossi a livello legislativo». Tuttavia, nel 2013, la giunta provinciale ha dato mandato all’Azienda sanitaria di elaborare una modalità di raccolta e registrazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (una sorta di database), garantendo l’informazione al medico curante. Si tratta di un modulo in cui il singolo palesa le proprie volontà relativamente ai trattamenti che intende (o meno) subire nelle fasi terminali (tracheotomia e ventilazione meccanica, per esempio).
«Ci si è concentrati in particolare sull’informazione alle persone con malattie cronico-degenerative, ma dobbiamo spingere di più anche sull’informazione e la possibilità di dichiarazioni anticipate di trattamento anche per le persone sane, con il coinvolgimento dei medici di medicina generale». Dallo scorso marzo, come spiega Edoardo Geat, dirigente dell’unità di anestesia e rianimazione del Santa Chiara, si è partiti in via sperimentale con il database rivolto ai pazienti affetti da varie patologie. Sei, in particolare, i moduli censiti.
Oggi Zeni fa un passo in più, riabilitando le raccomandazioni del comitato bioetico dell’Azienda sanitaria relative alle dichiarazioni anticipate di trattamento (in acronimo Dat). Nel documento del 4 aprile 2014, il Comitato ipotizzava un secondo scenario applicativo. Ovvero «quando la persona voglia decidere preventivamente all’insorgere della malattia quali trattamenti accettare e quali rifiutare nell’eventualità di una perdita delle capacità di esprimere la sua volontà». Di più: «In questo caso — si legge nel documento — il comitato auspica che la persona sia assistita da un professionista della salute, preferibilmente il proprio medico di medicina generale». Vale a dire la figura che meglio conosce l’individuo, i suoi trascorsi.
«Non si tratta di mettere una crocetta su un modulo — ha concluso Zeni — L’obiettivo è uscire da un dibattito a volte troppo ideologico e lavorare per costruire un percorso di informazione che porti a una maggiore consapevolezza nelle scelte, per fare in modo che le dichiarazioni anticipate di trattamento non siano un atto meramente formale».