CENTRALE AQUAFIL I SINDACI SI MOBILITANO
Aquafil: «Innalzamento del fiume: le infiltrazioni peggioreranno». Sindaci mobilitati
Il rapporto depositato alla Via relativo alla centrale sull’Adige voluta da Aquafil non si nasconde il problema dell’innalzamento della falda a Nomi. Propone un sistema di drenaggio, con idrovore che poi rilasciano l’acqua nel fiume. La prospettiva allarma i sindaci, che si stanno mobilitando.
TRENTO I sindaci del territorio interessato dalla centrale idroelettrica progettata da Aquafil sul fiume Adige si stanno coordinando per assumere una posizione unitaria. Il sindaco di Nomi, Rinaldo Maffei, in questi giorni ha fatto circolare lo «Studio di impatto ambientale» pubblicato sul sito della Provincia. Anche se, fa notare, «attualmente l’unico progetto pubblicato è quello del 2013 (Via, numero 5 del 2013), che porta ancora la dicitura “Procedimento sospeso”. E comunque dice chiaramente che la centrale innalzerebbe il livello della falda, peggiorando i problema delle infiltrazioni. Per risolverlo si ricorrerebbe a una condotta drenante, che se per qualche motivo non funzionerà allagherà sia Nomi che Chiusole». Pure la Comunità di valle al 99% sarebbe contraria, anche se occorre un confronto con i sindaci, prima di un’assemblea pubblica.
La «sintesi non tecnica» redatta da Sws engineering — lo studio ingegneristico dell’ex presidente di Confindustria, Paolo Mazzalai — definisce la centrale un’opera «ad alto rendimento energetico e a bassissimo impatto ambientale». Il costo totale è di 19,4 milioni, al netto dell’Iva 15,7 milioni. I costi di esercizio sono 323.170 euro annui, a fronte di ricavi stimati in 2,73 milioni di euro all’anno per i 25 anni in cui varranno gli incentivi del Governo. Dal mutuo ventennale, al tasso fisso del 6,25% (questa l’ipotesi nel 2013, quando le condizioni erano diverse dalle attuali) si prevedeva il rientro in 11 anni. Aquafil ci crede, come testimonia l’impegno del patron Giulio Bonazzi, nel frattempo diventato a sua volta presidente di Confindustria.
Come fa notare Maffei — che a più riprese ha affermato che con questa opera, innalzandosi il livello dell’acqua, l’80% delle abitazioni di Nomi andrebbe sott’acqua — lo studio non si nasconde il problema. «L’elemento di maggiore timore per i territori limitrofi — si legge —, è dato dal fatto che la realizzazione dell’opera in progetto potrebbe avere ripercussioni più o meno significative sul livello della falda nei terreni in destra e sinistra fiume». Dopo mesi di misura della falda, incrociando i dati con il livello del fiume, per Nomi si è visto che «il livello della falda si alza fino a iniziare a bagnare gli scantinati più profondi, già in periodi con portate in Adige discrete». Inoltre che «le fluttuazioni del livello di falda “seguono” bene le variazioni del livello di acqua nel fiume». E «anche a Chiusole si registra una risposta del livello di falda alle variazioni di livello idrometrico». Poi «quando l’Adige va in piena, oltre i 1000 metri cubi al secondo, molte cantine di Nomi e Chiusole hanno delle infiltrazioni d’acqua, per cui occorre azionare pompe già installate negli anni scorsi».
«Con la realizzazione dell’impianto — continua il rap- porto — si verificherà un innalzamento costante del livello dell’Adige a causa delle paratoie, al quale corrisponderà un innalzamento del livello dell’acqua nella piana di Nomi. In assenza di idonei interventi di mitigazione e compensazione, aumenterebbe quindi in teoria entità e durata degli attuali problemi di infiltrazione».
La soluzione: «Per evitare che la falda segua l’innalzamento del livello del fiume è stato previsto un sistema che interrompa la continuità di flusso fra falda e Adige». «Secondo quanto risulta dalle verifiche (prove di pompaggio) e simulazioni (modellazioni computerizzate) si potrà realizzare sia a Nomi che Chiusole una trincea/condotta drenante parallela all’argine di destra Adige che intercetterà le acque provenienti dalla destra Adige convogliandole all’idrovora di Nomi opportunamente potenziata, controllando e annullando l’effetto di innalzamento». La trincea «sarà profonda 4-5 metri e larga circa un metro, con sul fondo un tubo drenante (60-100 centimetri di diametro)». «Al termine dei tubi drenanti verranno posizionate delle idrovore che solleveranno le acque filtrate e le ributteranno in Adige». «Le portate da sollevare saranno al massimo di 100-200 litri al secondo; l’energia necessaria è circa un millesimo di quella prodotta dalla centrale». «Se per qualche problema di manutenzione le idrovore dei drenaggi dovessero bloccarsi, basta abbassare le paratoie della traversa sull’Adige e tenere ferma la centrale. Con questo semplice e sicuro sistema anche quando l’Adige andrà in piena le cantine di Nomi potranno essere mantenute all’asciutto, cosa che invece oggi non succede». Il problema è fidarsi.