Segrè spiega il cibo di domani «Serve ricerca»
Convegno al Mart. Il presidente Mach: «Con gli sprechi mangerebbero due miliardi di persone»
TRENTO Sostenibile, migliore, rispettoso della biodiversità, per tutti. Dare una definizione univoca del «cibo di domani» non è semplice, ma la Fondazione Edmund Mach non si tira indietro. «Il cibo di domani avrà sempre più bisogno di ricerca e sperimentazione» sostiene il presidente Andrea Segrè. Per vincere la sfida della sostenibilità nel campo dell’agricoltura e dell’alimentazione si devono sfruttare al meglio le nuove tecnologie ad esempio, ma anche preservare la biodiversità cogliendone le nuove visioni, come quella microbica, scoperta da meno di un decennio.
«Il cibo si continuerà a produrre attraverso le risorse naturali e il lavoro dell’uomo — afferma Segrè, intervenuto ieri pomeriggio nell’ambito dell’evento «Nutrire la mente/Il cibo di domani», organizzato da Fem e ospitato al Mart — ma i cambiamenti climatici e le migrazioni sono tali e tanti per cui la ricerca sarà ancora più necessaria di prima». In questo senso, osserva, «fare ricerca, innovazione, sperimentazione, trasferimento tecnologico e formazione all’interno della Fondazione servirà ancora di più trovando un equilibrio efficace fra le diverse aree». In ossequio al principio per cui «non si fa una buona ricerca senza una valida didattica e viceversa», Segrè prospetta una riflesimpatto sione, «nei prossimi mesi, su un legame più stretto fra le due»..
A San Michele, inoltre, si sta lavorando pure a «Fem 2025», un incrocio di visioni per capire «quali siano le linee di ricerca che ci servono», dunque quale volto avrà la Fondazione, ma anche la ricerca e l’agricoltura, da qui a dieci anni.
Quest’ultima, secondo Agostino Cavazza, del Centro di ricerca e innovazione Fem, dovrà confrontarsi con la sfida dell’impiego sostenibile delle risorse: «I cambiamenti nell’agricoltura sono stati epocali — ammette — dalla sussistenza alla rivoluzione dei fertilizzanti, oggi è tempo di puntare a un agricolo rispettoso del territorio». In una delle tavole rotonde organizzate nel pomeriggio di ieri l’hanno chiamata «Agricoltura 3.0». «Dovrà sfruttare al meglio le nuove tecnologie, dalla sensoristica alle mappe satellitari, alla genomica — prosegue — che garantiscono di intervenire in modo mirato e il meno invasivo possibile».
«Solo la ricerca — conclude Segrè — può risolvere le contraddizioni per cui nel mondo i sotto-denutriti sono un miliardo, gli obesi un miliardo e mezzo e due miliardi di persone potrebbero mangiare con gli sprechi».
Cavazza Puntare a un’agricoltura a basso impatto sul territorio