Statuto, il documento riservato
Ecco le proposte: due capoluoghi, 43 competenze esclusive, nuovo ruolo della Regione
Il documento è lì, pronto per quando il governo chiederà a Trento e Bolzano di avanzare una proposta di adeguamento dello Statuto alla riforma costituzionale di Renzi. Il caposaldo è la trasformazione in esclusive di tutte le competenze attualmente delle Province: dalle grandi infrastrutture alle concessioni, passando per l’energia. Trento e Bolzano diventerebbero dei piccoli «Stati». Poco o niente per la Regione, cui resterebbe un ruolo «consultivo» e «di raccordo». Prevista anche l’assegnazione a Bolzano dello status di capoluogo come Trento.
TRENTO Che fine ha fatto l’adeguamento dello Statuto di autonomia alla riforma costituzionale targata Renzi? La proposta elaborata dai gruppi di lavoro istituiti a Trento e Bolzano giace da mesi nei cassetti di Ugo Rossi e Arno Kompatscher. Mentre le due Province autonome si preparano ad avviare, ancora una volta separatamente, una «Convenzione» e una «Consulta» per la definizione del terzo Statuto di autonomia, l’unico testo attualmente a disposizione dei due presidenti per trattare con Roma è quello tenuto finora riservato. Prevede, tra le altre cose, l’attribuzione alle Province di ben 43 competenze esclusive — tali da trasformarle in due piccoli «Stati» —, la definizione di un ruolo «consultivo» e «di indirizzo» per la Regione e il superamento di Trento come città capoluogo.
Si tratta di una materia complessa nelle sue articolazioni, ma relativamente semplice nei suoi fondamentali. Proprio in questi giorni Renzi sta cercando, dentro e fuori il Pd, la maggioranza che gli consenta di cancellare il bicameralismo perfetto. Se ce la farà, il Senato non avrà più i poteri della Camera. Sarà un organo espressione delle Regioni, composto da cento senatori. Mentre la natura più o meno elettiva di questi senatori sta suscitando ampio dibattito e lacerando il Pd, il fatto che con la stessa riforma si cancelli — o quasi — il regionalismo, riconsegnando in via esclusiva allo Stato gran parte delle competenze oggi concorrenti, sta passando sotto traccia.
Regioni e Province autonome sono chiamate ad adeguarsi, d’intesa con lo Stato, alla riforma. Qui per Rossi e Kompatscher si pone il primo problema: l’adeguamento al neocentralismo si vorrebbe avvenisse con un rafforzamento dell’Autonomia. Pensando che Renzi avrebbe bruciato i tempi, i due governatori, nell’autunno 2014, imbastirono due gruppi di lavoro per elaborare altrettante proposte (Detomas, Dellai, Boato, Toniatti Zeni a Trento; Perathoner, Happacher, Palermo, Volpe e Zeller a Bolzano). Poi, su insistenza di Trento che temeva fughe (in tutti i sensi) dei colleghi altoatesini, i gruppi si riunirono congiuntamente, sempre a Bolzano. Nonostante le critiche di Karl Zeller, che definì «inutile» il lavoro, l’assenza costante di Lorenzo Dellai (presente a una sola riunione), il prevedibile disaccordo tra trentini e altoatesini, l’interesse calante dei due presidenti e il totale disinteresse dei consiglieri regionali, alla fine una proposta è stata definita. L’unica a disposizione se Renzi porterà a casa la «sua» riforma e il Trentino Alto Adige dovrà rapidamente proporre come adeguarsi.
Si comincia — ma sull’opportunità di procedere a una modifica dell’articol 1 le opinioni erano discordanti — da definire la Regione come «costituita dalle Province autonome di Trento e Bolzano». Si cita l’ancoraggio internazionale dell’autonomia e si aggiunge che «la Regione ha per capoluoghi le città di Trento e Bolzano». Oggi il capoluogo è Trento. Tra le poche e scarne competenze «esclusive» che resterebbero alla Regione non compaiono più gli enti locali, i Comuni, e si aggiunge il personale amministrativo della giustizia. I trentini hanno formulato una versione alternativa che manterrebbe in Regione almeno «i principi fondamentali in materia di enti locali». Su questo gli altoatesini sono stati netti: «C’è il veto di Kompatscher». La Regione diventerebbe in compenso «ente consultivo e di raccordo in tutte le materie di comune interesse tra le Province autonome. Le materie di comune interesse sono individuate d’intesa tra le Province». Una versione alternativa recita: «La Regione promuove la cooperazione istituzionale tra le Province autonome» lasciando ai consigli provinciali l’approvazione delle disposizioni normative. Gli altoatesini farebbero a meno di entrambe le formulazioni.
Infine, ma non certo per importanza, la modifica dell’articolo 8 dello Statuto, quello che definisce le competenze esclusive delle Province. Qui Trento e Bolzano cercheranno di fare cappotto, seppure con scarse chance di successo. Le competenze che le due Province cercheranno di consolidare come esclusive (autonome eccezion fatta per Costituzione, ordinamento europeo e obblighi internazionali) sono 43. Praticamente, la somma di quelle di oggi, più tutte quelle «concorrenti», più qualche nuovo innesto. Per capirne il peso, si va dalle concessioni all’energia, dalle grandi infrastrutture alla sanità, dal commercio alla protezione civile. In questo ambito, i grossi interrogativi sono almeno due. Il primo: come faranno Trento e Bolzano a convincere il governo che, mentre le altre Regioni conteranno sempre meno, le due Province autonome diventeranno di fatto Comunità autonome? Il secondo: ammesso e non concesso che l’operazione riesca, senza garanzie di tipo finanziario, Trento e Bolzano potranno sostenere tanta autonomia?