Villaggio turistico per clienti russi Trentina truffata
Due indagati. Azienda fallita acquista impianti per piscine, ditta trentina raggirata
Un villaggio turistico con piscina riscaldata per clienti russi, una falsa fidejussione da 85.000 euro e due assegni, veri, ma emessi da una società risultata poi fallita. Sono gli ingredienti di una truffa da quasi centomila euro architettata da due presunti maestri del raggiro di origini calabresi. Vittima la titolare di una società trentina, tratta in inganno anche da un finto responsabile di banca.
TRENTO Qualche volta neppure la prudenza basta. Era stata attenta a non finire nella trappola di abili truffatori, aveva controllato tutto con cura, prendendosi anche il tempo di chiamare la banca, realmente esistente, per appurare la veridicità della fidejussione. Ma non è stato sufficiente.
Abili truffatori sarebbero infatti riusciti a intercettare la telefonata e dirottarla su un tal dottor Costa, un fantomatico responsabile di un istituto di credito del Mezzogiorno, di fatto loro complice, che ha fatto da garanzia. Peccato che la fidejussione era falsa e l’imprenditrice, rassicurata dal falso direttore di banca, non poteva saperlo. Poi sono arrivati gli assegni. Ma nel frattempo la donna scopre che l’azienda, che aveva emesso i titoli, era fallita.
Non hanno venduto immobili di ignari proprietari, come il classico cliché delle truffe alla Totò, ma l’arguzia è sicuramente una delle loro qualità. Due calabresi, Giovanni Romeo, 47 anni di Reggio Calabria e un quarantacinquenne di Parghelia, Giovanni Callisto, sono finiti a processo per una truffa da quasi centomila euro sulla fantomatica realizzazione di villaggio turistico per clienti russi. A finire nelle maglie dei due presunti artisti del raggiro è stata la titolare di un’azienda trentina di rifornitura di impianti di riscaldamento per piscine attraverso pannelli solari.
Tutto inizia nel novembre 2012 quando l’imprenditrice trentina viene contattata da Giovanni Romeo, legale rappresentante della Inox Form srl, azienda realmente esistente di Parghelia, e da un suo collaboratore. L’uomo chiede la fornitura di un sistema di riscaldamento per le piscine per il fantomatico villaggio per i russi che avrebbe pagato dopo la consegna, impegnandosi a rilasciare una fidejussione bancaria di 85.000 euro a garanzia. Il documento viene spedito poco tempo dopo l’accordo, ma non prima della telefonata, del 24 aprile 2013, del presunto responsabile dell’istituto di credito, un tal dottor Costa, che avrebbe rassicurato la società trentina.
Ma la prudenza non è mai troppa. Per sicurezza l’imprenditrice il 6 maggio telefona alla banca e si fa passare il dottor Cosa. Il presunto direttore parla con la donna. Sembrava tutto reale, compresi i due assegni datati 15 luglio e 16 agosto di 42.717 euro ciascuno, salvo poi scoprire che nella banca non lavorava alcun dottor Costa e inoltre gli assegni erano scoperti, perché nel frattempo l’azienda calabrese era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Vibo Valentia. Un fulmine a ciel sereno per la donna che non ha potuto fare altro che rivolgersi all’avvocato Filippo Fedrizzi e sporgere formale denuncia. Il caso nei giorni scorsi è finito sul tavolo del Tribunale di Trento. L’udienza è stata rinviata.