Donne, un archivio dei saperi femminili contro gli scettici
Unione, Cgil, Industriali: «Mamme, una risorsa». Il registro delle disponibilità divide
TRENTO «C’è sempre una notte in cui si rimane sveglie per una decisione di fronte alla quale un uomo dormirebbe beato». La frase di Maria Latella, citata e applaudita sabato agli stati regionali delle donne (Corriere del Trentino di domenica), riassume il messaggio di Sos lanciato dalle relatrici circa l’occupazione femminile. Secondo le cifre fornite, in provincia sono 300 le donne che ogni anno lasciano il lavoro per difficoltà di conciliarlo con la gestione famigliare. A condividere il grido d’allarme intervengono Claudia Loro (Cgil) e Rita Matano, presidente di Terziario donna (Unione commercio e turismo). Attenzione al tema è espressa da Confindustria Trento.
«In Trentino molto si sta facendo per risolvere il problema della conciliazione — interviene Claudia Loro — Parlo ad esempio del Family audit. Però si deve ancora cambiare: bisogna incidere sull’organizzazione del lavoro e sulla cultura. E sui costi dei servizi: è vero che le donne sono soprattutto dipendenti e occupate part-time nonostante ci sia un leggero aumento dell’imprenditoria. Se una lavoratrice, magari a bassa professionalità guadagna quando spende per un nido prima o poi decide di stare a casa con il figlio. E poi si crea un gap retributivo e pensionistico. È un circolo vizioso». Come intervenire? «Dobbiamo agire sulla cultura perché non ci sia una discriminazione indiretta — risponde Loro — Manca forse la connessione tra gli interventi previsti: serve una profonda riflessione rispetto a quello che c’è e quello che manca». Della proposta di istituire un registro delle disponibilità delle donne a ricoprire ruoli di leadership dice: «Come Commissione pari opportunità vorremmo lavorare alla costruzione di un archivio dei saperi femminili per non dare un alibi a chi dice che non si trovano donne».
«Sono anni che denunciamo i dati che sono emersi negli stati regionali — dichiara Matano — In Trentino se esiste un’occupazione femminile a un tasso ragionevole sicuramente riguarda le occupazioni a basso tasso di professionalità. Si registrano dati preoccupanti sull’imprenditorialità femminile; c’è una penalizzazione fortissima di tipo culturale». Chiarisce: «L’interruzione della vita lavorativa delle donne arriva in genere dopo la maternità, in particolare dopo il secondo figlio. È un problema di conciliazione, ma rilevante è anche il forte condizionamento vissuto all’interno della famiglia. Poi le donne non riescono ad accedere a lavori stimolanti e gratificanti». Matano non ritiene invece risolutiva l’adozione di un registro delle disponibilità: «Mi permetto di proporre, al di là dei registri con i quali non mi sembra si siano trovate grandi risposte, di spendere energie a livello socio-politico sulla valorizzazione delle differenze. L’assen- za di donne nelle posizioni decisionali è un grosso elemento di criticità. Dobbiamo investire sulle quote dei gruppi meno rappresentati, ce lo insegnano le multinazionali: dove nei Cda si salvaguarda la rappresentanza del pluralismo c’è successo».
Lo conferma il direttore di Confindustria, Roberto Busato: «Sicuramente le donne quando ci sono nelle aziende rappresentano un valore aggiunto. È importante valorizzare i talenti, entrambi i sessi devono avere la possibilità di arrivare a questo livello». Si riferisce poi al dato degli abbandoni: «Non ci sorprende: un’analisi del Centro studi di Confindustria ci dice che se il tasso di occupazione fosse allineato con quello europeo ci sarebbe una crescita del Pil di sette punti percentuali. Siamo ben consapevoli di ciò e abbiamo cercati di incentivare percorsi formativi per le donne nel mondo industriale. Ricordo ad esempio l’iniziativa “Industriosa” dello scorso anno per la valorizzazione delle donne». Del registro dice: «Non si risolve la questione con un registro, per fare entrare le donne e farle restare in azienda bisogna migliorare gli strumenti della conciliazione. Parliamo di welfare aziendale: investirci può essere una leva di sviluppo. Noi siamo certificati Family audit e da noi la percentuale uomini-donne è del 50%».