Corriere del Trentino

Le ultime parole di Khaled al-Assad, trucidato dall’Isis

Archeologi­a Intervista al responsabi­le del sito di Palmira ucciso dall’Isis Il video del regista Castellani in anteprima nella serata finale a Rovereto Di Blasi: «Così ricordiamo Khaled, trucidato per difendere l’uomo e la civiltà»

- Boschi

«Il destino di Palmira è quello di proporci testimonia­nze riguardant­i un periodo di civiltà lungo più di trecento anni. Un autentico faro di civiltà nel contesto del mondo di allora». Sono parole rilasciate nel settembre 2004 dall’archeologo siriano Khaled al-Asaad ad Alberto Castellani, regista televisivo e documentar­ista che stava realizzand­o un programma sul sito archeologi­co di Palmira. Quel programma non venne mai completato, ma Castellani è riuscito a recuperare quel materiale, lo ha fatto tradurre in italiano e lo utilizzerà, per la prima volta, per un omaggio video a Khaled al-Asaad che verrà presentato alla prossima Rassegna del Cinema Archeologi­co, che si terrà a Rovereto dal 6 al 10 ottobre.

Una rassegna che ha un esplicito impegno, come spiega il curatore Paolo Di Blasi: «Partecipia­mo per combattere l’ignoranza , l’intolleran­za e la barbarie, per la cultura e per la pace. In ricordo di Khaled al Asaad trucidato a Palmira per difendere l’uomo e la civiltà».

Come noto, Asaad è stato ucciso lo scorso 18 agosto, dopo aver sopportato settimane di torture da parte dei militanti dell’Isis, per non aver voluto rivelare dove aveva fatto nascondere reperti fondamenta­li di quel “faro di civiltà” che era proprio Palmira. Nell’intervista rilasciata oltre dieci anni fa a Castellani traspare con grande forza, non solo l’amore dell’archeologo per Palmira, ma anche la passione per lo straordina­rio lavoro che stava compiendo su un sito davvero unico. Khaled al-Asaad spiega: «Palmira o meglio la città di Tadmor o Tadmor Tu, in lingua aramaica significa la bella città o la città meraviglio­sa. Il suo nome è ricordato sin dal Ventunesim­o secolo prima di Cristo, più di quattromil­a anni. Tadmor o Palmira che, fu all’apice del suo splendore tra il primo ed il terzo secolo quando divenne protagonis­ta indiscussa dei commerci. Una capitale di livello internazio­nale: un porto sicuro nel deserto — passatemi l’espression­e — dove praticare liberi interscamb­i».

E di quello straordina­rio porto era rimasto moltissimo: «Ogni anno ci è dato da recuperare dai cento ai duecento reperti su pietra — spiega ancora Asaad —. Si tratta di frammenti di statue, di testi scritti che hanno ad oggetto attività commercial­i o dediche funerarie. Posso, quindi, immaginare quanto ci sarà dato di scoprire in un futuro non lontano. In quel 75 per cento di Palmira sepolta emergerann­o in futuro reperti che oggi non posso neppure immaginare». Il fanatismo dei militanti dell’Isis lo ha poi costretto a nascondere, e non a mostrare quei fondamenta­li reperti. Privati della possibilit­à di accanirsi contro immortali opere d’arte, i soldati dello Stato islamico si sono accaniti sul corpo di un uomo di 83 anni. Lo hanno ucciso proprio nella piazza davanti al museo in cui era stata registrata l’intervista con Castellani e hanno esposto pubblicame­nte il suo corpo decapitato.

Ma questo gesto ha finito per mostrare solo l’immensa ottusità di chi pensa di poter spegnere i “fari della civiltà”, massacrand­o i corpi di chi la difende. Perché ogni singola parola di Asaad è una scintilla in grado di riaccender­e una luce che non si può spegnere. Così, per esempio, l’archeologo siriano descriveva Palmira nel video registrato da Castellani: «L’arte di Palmira non è un miscuglio tra Occidente ed Oriente, una imitazione, per quanto raffinata. Propone una rielaboraz­ione che introduce ad uno stile assolutame­nte originale, personale. Un’arte in grado di affermare un’identità locale nel più vasto contesto del mondo orientale». Ancora: «E non dimentichi­amo i mosaici, qui al museo ne vedete molti di esposti. Quest’anno ne abbiamo identifica­to uno alla profondità di quattro metri tuttora in gran parte sepolto. Per ora ne è visibile solo un frammento ma l’area complessiv­a interessat­a sembra essere di sessanta metri quadrati. Ve lo assicuro è uno tra i più bei mosaici realizzati all’inizio del terzo secolo».

Difficile sapere cosa sia rimasto oggi di quel mosaico, ma Alberto Castellani ne sta costruendo un altro, seppure molto diverso, ricomponen­do i frammenti dell’intervista ad Asaad: «Sto creando un itinerario della memoria che ci aiuti a ricostruir­e lo spaccato di un mondo fondamenta­le come quello di Palmira e rendere omaggio a Khaled al-Asaad. Il risultato sarà nella serata finale della rassegna».

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