Palermo: «Sarà un ente di coordinamento»
Il costituzionalista: «Più competenze alle Province». Fravezzi: «Tema delicato, valutare con attenzione»
TRENTO La proposta di modifica dello Statuto elaborata dai tecnici per Ugo Rossi e Arno Kompatscher suscita reazioni diverse.
Francesco Palermo (Svp-Pd) è un costituzionalista ed è stato membro del gruppo di lavoro altoatesino che ha lavorato insieme a quello trentino alla stesura della proposta: «La Commissione — riconosce — ha indubbiamente lavorato per un trasferimento di competenze dalla Regione alle Province, ma non bisogna dimenticare che contemporaneamente si è operato anche per una valorizzazione della Regione come ente di coordinamento». Cosa significa? «Nonostante molte materie di peso siano da tempo di competenza esclusivamente provinciale, come l’istruzione o la sanità, un coordinamento risulta indispensabile». La Regione, a detta di Palermo, non verrebbe così svuotata del suo potere, ma «sarebbe piuttosto trasformata da ente amministrativo a ente di coordinamento».
C’è chi, a differenza di Palermo, preferisce non esprimersi nel merito alla questione. «La revisione dello Statuto è ancora una proposta — premette il senatore Vittorio Fravezzi (Upt) — un’ipotesi sulla quale credo sia il caso di confrontarsi attentamente, essendo l’argomento particolarmente delicato. Si tratta di un’operazione che non può essere svolta a livello inter-legislativo — continua Fravezzi — Serve capire come agire nella specificità del caso, senza dimenticare la necessità di un accordo con Bolzano e dell’appoggio del Parlamento», un elemento quest’ultimo tutt’altro che scontato.
Il dibattito non si ferma qui: grande importanza ha avuto, infatti, la questione riguardante la partecipazione della società civile al dialogo sull’autonomia. Se a Bolzano esiste già una Convenzione — che nascerà ufficialmente entro la fine dell’anno — a Trento la strada sembra ancora lunga. «Le proposte sono molte — ricorda Palermo — ma l’ipotesi ad oggi più plausibile è la creazione di una Consulta formata da parti politiche, società civile organizzata e “disorganizzata”». «Si tratta di un’iniziativa importante in termini culturali — conclude Vittorio Fravezzi — Bisogna far capire alla gente cosa significa vivere in un territorio che si autogoverna».