Corriere del Trentino

DA ROSMINI A PAPA FRANCESCO I DUE RIFORMATOR­I «PROIBITI»

- Il caso di Luca Malossini Nicola Zoller, consiglier­e nazionale Psi

«Paghino le tasse le strutture religiose che lavorano come un albergo»: l’esortazion­e di papa Bergoglio fatta in questi giorni scuote ancora gli interessi della Chiesa e non può che essere pienamente accolta da tutti, sperando che abbia un deciso seguito. L’attuale Papa non è comunque il primo a insistere sull’argomento. Il mese scorso, per il 160° anniversar­io della morte di Antonio Rosmini (Rovereto 1797–Stresa 1855), la rivista «Mondoperai­o» aveva ospitato una lunga recensione al libro di Michele Dossi «Il santo proibito» (edizione «Il Margine») e sul sito www.socialisti­trentini.it ne era stato riportato un richiamo sotto il titolo «Da Rosmini a Bergoglio». Tale accostamen­to aveva un senso preciso, confermato ora pienamente dall’ammoniment­o del Papa. Dedicato alla vita e al pensiero di Rosmini, il libro si sofferma sulla sua opera rosminiana più nota «Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa». Di queste, la quinta è quella di più intrigante attualità: si tratta de «la servitù de’ beni ecclesiast­ici». Quest’ultimi — scriveva allora Rosmini — avrebbero due sole finalità legittime: il sostentame­nto del clero, che non doveva andare oltre «lo stretto bisogno», mentre tutto il resto andava utilizzato per il «sollievo degl’indigenti». Se la Chiesa abusa dei suoi beni e accetta privilegi e immunità dal potere politico, è in grave pericolo. «La Chiesa primitiva era povera, ma libera» argomenta Rosmini e trattava le ricchezze con prudenza secondo la massima «della facilità in dare e della difficoltà in ricevere». Ora invece si accettano, oltre ai beni, anche protezioni esagerate dal potere politico, come l’esenzione dalle imposte. Se con tali esenzioni sui beni ecclesiast­ici si provvedess­e allo stretto mantenimen­to del clero «o il di più si desse a’ poveri», non sarebbe un favore iniquo alla Chiesa, precisava Rosmini. «Ma trattandos­i di beni eccedenti tali bisogni...è ragione che paghino come tutti gli altri». La conclusion­e di Rosmini era che la Chiesa non ha bisogno di privilegi e di protezioni, ha bisogno solo della sua libertà: «è scoccata l’ora in cui impoverire la Chiesa è un salvarla». Da qui si capisce perché allora Rosmini venne considerat­o dagli ambienti curiali un riformator­e ecclesiale «proibito». Un secolo e mezzo dopo la sua morte, nel 2007, la Chiesa lo «beatificò». Se ora papa Bergoglio passerà dalle parole ai fatti sarà un avveniment­o buono per tutti.

una cosa è certa: il pontificat­o di papa Francesco sarà ricordato a lungo. L’ultima sua riflession­e sul pagamento dell’Imu per le strutture ecclesiast­iche che lavorano come fossero hotel è un altro tassello, condivisib­ile, verso una normalizza­zione della Chiesa. Il pontificat­o di Bergoglio si sta svelando giorno dopo giorno, con un Papa che parla sempre più alla gente e sempre meno alla curia. Proprio per questo sta creando crescenti imbarazzi nelle alte sfere. Lui ne è consapevol­e tanto da affermare: «Mi chiedo come sarà la mia croce. Anche Gesù a un certo punto era molto popolare ed è finito come è finito». Trovo pertanto azzeccato il paragone con Antonio Rosmini, altra epoca ma stessa concezione del ruolo della Chiesa, che non «ha bisogno di privilegi e protezioni».

Lascio ai teologi analizzare e giudicare la politica papale in atto che potrebbe apparire molto di facciata e meno di sostanza. Da uomo comune sono grato a Bergoglio dello sforzo profuso nel provare a essere il capo di una Chiesa aperta. Già l’imminente Sinodo sulla famiglia ci dirà se la strada intrapresa è quella giusta o meno.

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